Se non è un "Sì" al referendum, è un secco no al fronte del "No". Giuliano Pisapia rimescola le carte sul tavolo del centro sinistra e manda in confusione minoranza dem e Sinistra italiana. «Non ci sto allo scontro tra guelfi e ghibellini sul referendum costituzionale. Questa riforma non è pericolosa e l'ha chiesta il Parlamento», ha dichiarato l'ex sindaco arancione aRepubblica due giorni fa. «Non sono iscritto al fronte del No, per ora non mi esprimo, ma sto facendo un giro dell'Italia per invitare a confronti nel merito, sui vantaggi e gli svantaggi», ha aggiunto facendo infuriare qualche vecchio compagno di strada. Ma Pisapia vuole giocare a briglie sciolte, senza rimanere incatenato a posizioni che ritiene marginali. Da quando non è più sindaco, gira l'Italia per sentire il battito del corpo elettorale. Si comporta come un leader ma assicura di voler fare solo l'avvocato. Eppure, le parole dell'ex primo cittadino di Milano non cadono mai nel vuoto. Per il Pd di governo, la posizione "eretica" di uno dei simboli della "sinistra sinistra" sono un assist gradito. «Spero che le parole di Giuliano Pisapia aiutino tanti a riflettere con equilibrio sulla scelta referendaria e sui cambiamenti proposti dalla riforma costituzionale», dice il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, «senza per forza produrre strappi e lacerazioni che hanno sempre fatto molto male a sinistra». Pisapia di strappi non ne vuol sentir parlare, nonostante da tempo venga indicato come l'unico "papa straniero" in grado di contendere la leadership a Matteo Renzi. E forse per questo oggi sceglie l'arma del dialogo: per non apparire come un competitor livoroso.Ma se presidente del Consiglio incassa un punto a favore inatteso - che sgonfia ulteriormente il fronte interno del "No" per ora nelle mani del solo D'Alema - chi non la prende affatto bene sono i leader di Sinistra italiana. Giuliano Piasapia ha gettato sale sulle ferite ancora aperte all'interno del campo radicale, diviso tra quanti vorrebbero far nascere un polo alternativo al renzismo e chi invece ritiene prioritario non spezzare il cordone con il Pd. Per Stefano Fassina, l'intervento dell'ex sindaco «conferma i tratti di ambiguità di un percorso che non riesce a liberarsi da un rapporto di subalternità al Partito democratico», spiega al Dubbio. «Ma dobbiamo fare chiarezza per non rinviare più la definizione di un posizionamento politico», dice. L'ex viceministro dell'Economia nell'esecutivo Letta rimprovera a Pisapia di non rendersi conto della morte del centro sinistra, così come è stato concepito negli ultimi vent'anni. «Giuliano usa parole inappropriate quando, a proposito delle differenze tra noi e Renzi, definisce "singole scelte" i punti fondamentali d'identità di una forza politica: Costituzione, scuola, lavoro, sviluppo, Rai. Sono tutti temi sui quali tra noi e il Pd c'è una distanza abissale. Il "No" al referendum per noi è fondante, non si può trattare come se fosse uno dei tanti temi in agenda», continua Fassina.Ma le parole del primo sindaco arancione non sono un fulmine a ciel sereno. Da tempo Giuliano Pisapia tesse la sua tela per ricostruire un fronte unico del centro sinistra. Nel dicembre scorso - insieme a Massimo Zedda e Marco Doria - scrisse una lettera aperta invocando invocando la fine delle ostilità tra forze dello stesso campo: «Noi, che governiamo le nostre città con un approccio ideale e non ideologico, pensiamo che in un momento così difficile e complesso sia necessario ritrovare quell'unità aperta e larga del centrosinistra che, sola, può ridare fiducia alle cittadine e ai cittadini italiani», era il ragionamento. «Per far questo è indispensabile ripartire dalle forze politiche che, insieme al civismo autentico, compongono, in gran parte d'Italia, il centrosinistra. Quelle forze sono principalmente il Partito democratico, perno e componente maggioritaria, e Sel». E oggi, volendo evitare «una guerra fratricida che può portare solo danni enormi a tutti», Pisapia non fa altro che ribadire quel concetto.I sindaci della "stagione arancione" - quasi tutti eletti grazie alla forte spinta di Nichi Vendola ? non hanno alcuna intenzione isolarsi dal partito del premier. Con una sola eccezione, Luigi De Magistris, che sul referendum dice: «Per me resta una riforma pericolosa. Non solo io, ma tutta la mia giunta e la maggioranza siamo mobilitati su questo fronte». L'ultimo partigiano con i voti.