Con gli occhi puntati sul “vertice informale” di Parigi l'intera politica italiana, con la Lega come sempre un bel po’ defilata, risponde al nuovo affondo di Mosca contro Sergio Mattarella. Non si tratta però di due tavoli separati: sono due aspetti della stessa partita, almeno nell'analisi molto probabilmente fondata del Quirinale. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zacharova è tornata a prendere di mira il presidente della Repubblica e già questo non era affatto scontato. In più ha rincarato i toni, passando alla minaccia esplicita: «Ha dichiarato di ritenere che la Russia possa essere equiparata al Terzo Reich. Questo non può e non potrà mai rimanere senza conseguenze».

In realtà Mattarella non intendeva affatto azzardare paragoni complessivi fra la Russia di Putin e il Terzo Reich ma solo attaccare, certo molto frontalmente, la politica basata sul “criterio della dominazione” e sulle “guerre di conquista”. Ma il dato che sul Colle sembra essenziale non è tanto questo quanto il carattere non episodico dell'attacco. In fondo, comunque le si giudichino, cose del genere Sergio Mattarella le aveva già dette numerosissime volte senza provocare una reazione così estrema. Le cose sono però cambiate. Dopo la vittoria di Trump la Russia si sente molto più forte e adopera lo scontro con il presidente italiano, cioè con un presidente non governante, per lanciare un pesantissimo monito rivolto all'Europa tutta. Non pensasse sul serio l'Unione di potersi smarcare da Trump e fare da solo continuando a sostenere la “pace giusta”, cioè senza nuove annessioni territoriali, anche senza gli Usa.

L’analisi del Quirinale è fondata. Sul tavolo non c'è, o non c'è solo né soprattutto, un incidente diplomatico ma un messaggio perentorio e molto minaccioso rivolto tanto all'Unione europea quanto alla Gran Bretagna: all'Europa intera.

La destra ha fatto di nuovo quadrato intorno al presidente: in modo molto netto FdI e Fi, ricorrendo all'espediente di far parlare un colonnello invece di un generale la Lega. Ma il Quirinale stavolta si aspetta probabilmente una mossa ufficiale del governo, come chiedono Paolo Gentiloni, Debora Serracchiani dall'interno del Pd e Calenda: una convocazione dell'ambasciatore per chiedere chiarimenti. Non servirebbe a niente ma non farlo suonerebbe come una presa di distanza della premier dalle posizioni del presidente, tanto più evidente perché invece quella linea, magari con parole diverse ma nella sostanza senza differenze, è la stessa brandita da Giorgia Meloni da ancor prima di vincere le elezioni.

Ma l’aspetto fondamentale della vicenda non è certo questo e anche per questo Mattarella, consapevole della delicatezza e della pericolosità estrema del momento, ha scelto di non rispondere anche se non è escluso che qualcosa possa dire oggi. Ma anche per quanto riguarda l’essenziale, cioè quel che campeggia sul tavolo di Parigi, la possibilità di una reazione unitaria ma anche drastica e decisa dell’Europa alla girandola di schiaffoni che piovono da Washington, di ottimismo sul Colle, come del resto un po' ovunque, ce ne è ben poco. Lo scetticismo diffuso si appunta su un versante specifico che però è quello decisivo: è davvero possibile che l'Unione europea arrivi ora in poche settimane al traguardo verso il quale in anni e decenni non ha saputo muovere neppure un passo? Difesa unitaria, per esempio, vorrebbe dire messa in comune del nucleare francese, essendo la Francia il solo Paese Ue dotato di armi nucleari. Vorrebbe dire rinuncia della Francia al suo seggio nel consiglio di sicurezza Onu. Senza contare la ovvia necessità di un obiettivo sideralmente distante come il comando unico.

La decisione di non contare le spese militari nel bilancio è una mossa nella giusta direzione, apprezzatissima dall'Italia che la reclama da molto tempo e comunque imprescindibile, altrimenti molti stati non sarebbero in grado di sostenere l'esborso. Ma è evidente a tutti che a questo passo dovrebbero seguirne molti altri per sperare di dotare la Ue di un protagonismo politico che in realtà non ha mai avuto anche se solo oggi ne avverte in pieno l'urgenza. La posta in gioco nel vertice francese è quella e a tal fine Macron lo ha convocato. Ma la realtà è che da Parigi tutti si aspettano ben poco. Anche se tutti si augurano di essere smentiti da una realtà meno fosca delle aspettative.