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GIUSEPPE GARGANI POLITICO
«Il Pds non seppe resistere al giustizialismo? Ma quando mai, il Pds fu il principale protagonista di quella stagione giustizialista, altro che vittima…». É Giuseppe Gargani, presidente della commissione Giustizia della Camera nel biennio 1992-1993, quello di Mani Pulite e delle decine di richieste di autorizzazioni a procedere contro i parlamentari, a rispondere a Umberti Ranieri, altro protagonista di quella stagione che su queste colonne aveva riconosciuto l’abdicazione del Pds ai valori garantisti che avevano contraddistinto la storia del PCI ma dando sostanzialmente la colpa al clima presente in Parlamento e nell’opinione pubblica.
«Ho vissuto in prima persona il dibattito che ha portato alla modifica dell’articolo 68 e devo dire che siamo stati in pochi, o meglio pochissimi alla Camera e nessuno al Senato, a esprimere contrarietà - spiega oggi Gargani Ricordo che dopo il mio voto ricevetti una lettera dal capogruppo DC di allora, Gerardo Bianco, il quale voleva che spiegassi nel direttivo del partito la mia posizione, che era magistrati per dimostrare che la classe politica era pentita: subimmo inoltre un vero e proprio ricatto da parte della magistratura che operava indirettamente perché il Parlamento fosse messo in subordine rispetto alla prevalenza del potere giudiziario».
Il tutto anche a causa di «una classe dirigente non più idonea a governare e dirigere» che «segnò la resa della politica creando un vulnus rispetto alla tripartizione dei poteri e di tutte le garanzie che mettono al riparo il potere legislativo rispetto a eventuali soprusi che il giudiziario può fare».
La modifica dell’articolo 68 avvenne anche a seguito delle autorizzazioni a procedere che vennero chieste nei confronti dell’allora segretario del PSI, Bettino Craxi, e che, quattro di sei, furono respinte.
«In quanto presidente della commissione Giustizia dissi alla DC che due di quelle richieste di autorizzazioni erano state fatte perché Craxi “non poteva non sapere” racconta oggi Gargani - Ritenni che di fronte a questa formula noi dovessimo reagire dal momento che il principio della responsabilità perché “non poteva non sapere” era qualcosa di anomalo».
Un’anomalia, continua Gargani, che si aggiungeva a un’atra, e cioè l’abitudine di mettere sullo stesso piano il finanziamento, anche illecito, ai partiti, e la corruzione. «Se pensiamo al caso Toti debbo constatare che dopo 40 anni ci ritroviamo nella stessa situazione, anche tra i giornalisti, cioè quella di chiamare corruzione cioè che è un finanziamento, anche se illecito - è il ragionamento - Tre quarti dei processi di Tangentopoli sono finiti in assoluzioni, talvolta stigmatizzando l’atteggiamento dei pm semplicemente perché la corruzione non c’era: i pm milanesi operavano contro il sistema politico in toto, non contro i singoli imputati».
E con il favore dei partiti stessi, in primis il Pds che venne coinvolto solo in minima parte nelle vicende. «Ranieri sulle vostre colonne ha affermato che il Pds era stato prono rispetto al giustizialismo. Ebbene, altro che prono, ne era stato protagonista - spiega Gargani - E anzi il giustizialismo gli permise poi di vincere una partita politica che non aveva mai vinto: sono contento che oggi si parli di ripristino dell’art.
68 perché se è vero che a volte c’è stata una certa difesa di classe è altrettanto vero che la stragrande maggioranza delle autorizzazioni a procedere noi le abbiamo date e che quando le abbiamo negate avevamo le nostre ragioni».
Certo oggi le cose sono molto cambiate, gran parte dei protagonisti di quella stagione non entrano più nel dibattito politico ma Gargani ragiona anche sull’attuale dibattito tra governo e magistratura. «L’articolo 68 venne modificato perché il Pds premeva, la DC non riusciva a difendersi e l’opinione pubblica batteva le mani a tutto quello che i pm dicevano - ricorda - Il clima oggi non è buono, io ero d’accordo con la divisione dei ruoli che non chiamo delle carriere ma oggi sembra una punizione nei confronti dei pm, così come la modifica dell’articolo 68 era visto come una punizione per la politica.
E ritengo il sorteggio del Csm invece uno schiaffo alla magistratura, per di più se riguarda anche i laici».