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Nella apparente confusione che segna questi giorni di dibattito politico, in attesa dell’inizio delle consultazioni, un elemento di confusione certa è la posizione del partito Democratico. Il dibattito interno è tutto incentrato sul quesito opposizione sì/ opposizione no. L’elemento di confusione sta nella circostanza che la decisione sulla partecipazione o no alle trattative per la formazione di un governo dovrebbe muovere da una chiara consapevolezza delle proprie priorità e da una precisa individuazione della piattaforma programmatica da portare avanti nei negoziati. Esiste, oggi, nel partito Democratico chiarezza su questi temi? Michele Emiliano, che è il più acceso fautore della partecipazione alla trattativa, quale piattaforma propone di portare avanti? Quella sua o quella del partito Democratico? Su temi dirimenti, quali la riforma del jobs act, della legge Fornero, del fisco, vi è nel partito Democratico una posizione condivisa che possa costituire il riferimento per chi fosse delegato a trattare?L’impressione è che tale posizione manchi. La volontà di trattare, difatti, è portata avanti da chi ha contestato la segreteria Renzi non solo per i modi, ma anche per i contenuti. L’impressione, quindi, è che la minoranza del partito Democratico voglia trattare la partecipazione al Governo sulla base di una piattaforma programmatica appartenente alla minoranza e non condivisa dall’intero partito. Se così è, si deve necessariamente registrare l’esistenza di uno stato confusionale, che mina dal di dentro la credibilità e la forza politica del partito. In una prospettiva tipica della sinistra, che non riesce a non farsi male da sola.Se si guarda a quelli che sono stati gli esiti elettorali del Pd in una prospettiva più ampia, che tenga conto delle dinamiche europee, non si può non rilevare che i circa sei milioni di voti raccolti dal Pd sono stati un successo, se rapportati agli esiti che la sinistra di governo ha avuto in Francia ed in Germania. E’ fuori posto qualsiasi richiamo alla sinistra di Corbyn, atteso che quella non è una sinistra di governo, bensì una sinistra di opposizione. In definitiva, il Pd, sebbene abbia governato il paese in un momento di crisi ed abbia sempre professato la propria fedeltà all’Europa, nonè affatto scomparso, restando anzi il secondo partito. Sarebbe, allora, necessario muovere da questa constatazione per avere innanzitutto un maggiore rispetto di se stessi e, poi, per proporsi sullo scenario politico con una maggiore consapevolezza della propria capacità rappresentativa e della rilevanza dei valori portati avanti. Una tale consapevolezza dovrebbe condurre a discutere al proprio interno la conferma o no della piattaforma programmatica, su cui si sono svolte le elezioni, e solo dopo un’eventuale superamento della medesima, proporsi come interlocutori dei partiti, che hanno portato avanti piattaforme programmatiche assolutamente incompatibili perché contrapposte. Il fatto che, oggi, le minoranze del Pd si agitino in modo inconcludente dando evidenza alla loro disponibilità alla frattura interna conferma una tendenza che si è manifestata nel partito subito dopo il successo alle elezioni Europee. L’esigenza non è stata quella di discutere sui contenuti, ma di indebolire la leadership, a costo di distruggere il partito. Emblematico, in questo senso, quanto accaduto in occasione della Riforma Costituzionale. In sede di approvazione della Riforma la minoranza ha imposto alcune modifiche, quali, ad esempio, quelle relative ai residui poteri del Senato, per poi, in sede di Referendum, denunciare le incongruenze derivanti da quelle modifiche, come motivo per bocciare il Referendum.L’incongruenza della condotta delle minoranze del Pd si manifesta palese nel momento in cui da un lato censura l’eccesso di autoritarismo che avrebbe caratterizzato la segreteria Renzi e, dall’altro, anela ad allearsi con un partito, che vede consegnati tutti i poteri al proprio capo politico.È nell’interesse della democrazia Italiana che il partito Democratico abbia un ruolo adeguato agli interesse ed ai valori che rappresenta. Questo richiede che le sue componenti riacquistino consapevolezza della necessità di una partecipazione coerente alla vita di quel partito.