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Certamente le gerarchie vaticane e il cosiddetto nuovo presunto “patto Gentiloni”, tra governo e Santa sede, un suo peso lo ha esercitato, eccome. Un patto che sarebbe stato rappresentato plasticamente dalla sintonia andata in scena ad Assisi tra il cardinal Ravasi e il ministro dell’Interno Minniti. Ma la nuova apertura sullo ius soli da parte di Angelino Alfano, che lo vorrebbe modificato in ius culturae, andando alla sostanza, più che dal diritto di cittadinanza per gli immigrati sembra piuttosto condizionata dal “diritto di cittadinanza” per Alternativa popolare nel prossimo parlamento. Siamo al primum vivere di craxiana memoria per la formazione guidata dal ministro degli Esteri. E decisiva, andando al sodo, sarà per la sopravvivenza di Ap la legge elettorale, con una soglia di sbarramento assolutamente non al di sopra del 3 per cento e con un premio piccolo di governabilità alla coalizione. Queste sarebbero le condizioni che Alfano avrebbe posto a Matteo Renzi per venire incontro al forte pressing del Pd sullo ius soli che però Ap – altra condizione – chiede sia modificato in ius culturae. E cioè si diventa cittadini italiani solo dopo un vero percorso di integrazione con adeguato ciclo di studi.
«Se questo fosse accolto, sì, potremmo votare anche la fiducia», ammette con Il Dubbio a bassa voce un centrista. Ma la sostanza politica del contendere sul provvedimento è ovviamente concentrata sul “diritto di cittadinanza” di Ap nel futuro parlamento. Alfano si sta muovendo in un continuo slalom tra le proteste dell’ala nordista, guidata dal capogruppo alla Camera Maurizio Lupi, che a partire dalla Sicilia avrebbe preferito l’alleanza con Forza Italia. E il solco tra Alfano e i “berlusconinani” di Ap, potrebbe accentuarsi col clamoroso ritorno di Denis Verdini in Forza Italia, come si vocifera nelle ultime ore. Un ritorno che potrebbe avvenire tramite l’opera di mediazione di Gianni Letta. Non è un caso che dal gruppo di Ala al momento le fuoriuscite singole, verso Fi, siano state bloccate.
Inoltre, per tornare alle sorti di Alfano, i sondaggi riservati che circolano sull’isola, darebbero in vantaggio il centrodestra e gli alfaniani alleati al Pd sconfitti. Ma visto che al banco della legge elettorale è ancora Renzi che dà le carte e visto che, dicono dentro Ap, «con il Pd si è riaperto un percorso positivo dopo che ci volevano cancellare con la soglia del 5 per cento, la Sicilia è propedeutica ad un accordo ampio su tutto il territorio nazionale, e poi noi non abbiamo altra strada ormai che fare il centro del centrosinistra». E quindi ad Ap poco importa se Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera sullo ius soli tuona: «Provvedimento lontano anni luce dalla realtà» ; se il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri ( Fi) dice: «Lo seppelliremo con un referendum» ; se addirittura il leader della Lega Matteo Salvini si spinge a minacciare: «Bloccheremo il parlamento». Se Ap ci stesse insomma per lo ius soli ci potrebbe essere una nuova chance, dopo l’approvazione della legge di Stabilità.
Ma nel frattempo si sarà già votato in Sicilia e una eventuale sconfitta potrebbe già aver indotto Renzi per evitare una Caporetto nazionale a tenersi più stretto quel che resta del centrosinistra, magari concedendo a Giuliano Pisapia ( indiscrezione che già veniva ventilata ieri sera) una legge elettorale in cui rispunti quel Rosatellum con sbarramento al 5 per cento che sarebbe la campana a morte per Ap. Si dice ius soli, ma in realtà di legge elettorale si tratta. Giornata decisiva sarà giovedì prossimo quando Emanuele Fiano presenterà la nuova proposta del Pd, dopo un forte pressing sotterraneo del capo dello Stato Sergio Mattarella. Si capirà meglio giovedì di che si tratta, ma se si tornasse al Rosatellum ad Ap non resterebbe che fare accordi di desistenza. E a quel punto tutto potrebbe tornare in alto mare per lo ius soli o ius culturae, che dir si voglia. Tutto si tiene.