Nello scontro senza precedenti tra centrodestra e magistratura sostenuta dalla stragrande maggioranza dell'opposizione c'è per ora un solo vincitore: Matteo Salvini. Sulla portata dello scontro non è possibile equivocare. Si tratta del conflitto tra poteri dello Stato più frontale e più duro che ci sia mai stato. Non lo si può mettere a paragone neppure con le numerose battaglie combattute dai togati e da Silvio Berlusconi: lì la posta in gioco era la sorte di un leader politico e di un imprenditore imputato di gravi reati, qui è la politica nel settore forze più nevralgico che ci sia oggi. Ma soprattutto la sfida, nello scontro tra la magistratura e il Cavaliere, era giocata con leggi ad personam, in quella sorta di rimpiattino tra un imputato e i suoi giudici al quale abbiamo assistito per anni.

Stavolta si tratta, come esplicita il presidente del Senato La Russa, di ridefinire a favore dell'esecutivo i confini tra poteri dello Stato. Dunque si tratta di uno scontro frontale quale non si era mai visto nella storia repubblicana ed è proprio questo livello inaudito del conflitto che lo sposta sul piano al quale mira da sempre il vicepremier leghista, a differenza dei suoi alleati. A prima vista la posizione della Lega e quella di FdI sull'immigrazione possono apparire se non identiche almeno molto simili. In realtà sono radicalmente diverse e per alcuni versi opposte.

Il leader della Lega ha sempre mirato a spostare il tema dell'immigrazione sul piano dello scontro politico insanabile, quasi un conflitto di civiltà che non prevede mediazioni possibili. Ha dunque tutto l'interesse nell'esasperare la tensione quanto più possibile. Salvini interpreta la politica esclusivamente come propaganda e ricerca di consenso.

Dunque si è sempre mosso, in particolare quando era ministro degli Interni, puntando sul gesto eclatante, emotivamente molto coinvolgente da una parte e dall'altra, fragoroso anche se poco efficace. La premier ha altre ambizioni. Vuole affermarsi, non solo in Italia ma anche e soprattutto in Europa, come la leader che ha trovato una strada per risolvere la situazione con la quale l'intero occidente è inutilmente alle prese da decenni. Appena arrivata a Chigi ha riposto in un cassetto chiuso a tripla mandata le sparate truculente della campagna elettorale, i blocchi navali, le deportazioni di massa, per cercare strategie molto meno strillate e tali da essere accolte con favore a Bruxelles e nelle capitali europee. Dunque da quella stessa Europa che considera Salvini, da già da molto prima della guerra in Ucraina, una specie di paria col quale non si deve né si può avere nulla a che

fare. La linea del leghista era ed è destinata a entrare in rotta di collisione sia con l'Europa che, in modo più discreto, con il Quirinale. Quella della sorella d'Italia mira a evitare conflitti con l'Unione e con il Colle e anzi punta a spostare entrambi dalla sua parte. La vicenda albanese costringe Giorgia a spostarsi sulla stessa linea dell'alleato, perché la premier ha scommesso troppo sul modello Albania, accolto con favore in tutta Europa anche dai governi di centrosinistra, per permettere che sia affondato senza una controffensiva anche estrema. La prevalenza dell'interesse strategico, le ambizioni da statista pragmatica, poi, non cancellano certo l'interesse elettorale e la premier, che è animale politico quanto Salvini, è consapevole di quanto preziosa sia l'occasione in termini di consenso e non può farsi scippare il ruolo di capofila della ' difesa dei confini nazionali' dal socio che è anche competitor.

La conferma è arrivata, puntuale, dalla dichiarazione ufficiale diffusa dalla premier ieri mattina, nella quale quest'ultima ha approfittato dell'operazione della Guardia di Finanza di Crotone contro alcuni trafficanti di esseri umani per ribadire l'impegno del governo «a smantellare queste reti criminali e a debellare il traffico illegale di esseri umani, che alimenta gli interessi degli schiavisti del Terzo Millennio». «Continueremo a lavorare senza sosta», ha aggiunto, «per difendere i nostri confini e per ristabilire un principio fondamentale: in Italia si entra solo legalmente, seguendo le norme e le procedure previste». L’opposizione ha reagito esultando e chiedendo una procedura d’infrazione a Bruxelles, poi è arrivata la vicenda della mail anti-Meloni del magistrato Paternello.

A conti fatti, Salvini incassa anche sul fronte che lo riguarda personalmente, quello del processo Open Arms. È stato lui a voler rendere quel processo un'arena nella quale mettere in scena il duello con una magistratura descritta come persecutoria e se stesso come il campione indiscusso della difesa dei confini. La sfida albanese gli dà la spinta necessaria e non è escluso che in qualche misura incida anche sulla sentenza.