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GIUSEPPE CONTE POLITICO
Sono decisamente lontane dall'essere smaltite, le tossine messe in circolo dentro il Pd dall'intervista di mercoledì scorso con la quale Goffredo Bettini, storico kingmaker della sinistra italiana, ha con toni espliciti sostanzialmente chiesto alla segretaria Elly Schlein di richiamare all'ordine l'ala riformista del partito, con riferimento soprattutto al piano di riarmo presentato a Bruxelles da Ursula von der Leyen.
Un testo su cui Bettini, al pari di Schlein, ha espresso grandi perplessità, mettendosi così sulla stessa lunghezza d'onda del M5S di Giuseppe Conte, che su questo terreno ha guadagnato un vantaggio considerevole a sinistra, come testimonia la riuscita della manifestazione di sabato 5 aprile a Roma, alla quale aveva dato il proprio ok anche il Nazareno, inviando una delegazione.
La mossa di Bettini, però, non è proprio andata giù a chi si oppone ad un'alleanza coi pentastellati, e da tempo sta chiedendo alla segretaria di assumere una linea più indipendente soprattutto in fatto di politica estera.
C'è però un elemento, in queste ultime ore, che ha fatto andare su tutte le furie i “no-Conte” del Pd, e cioè la scelta dell'ex-premier di lasciare libertà di coscienza ai propri elettori per il referendum sulla cittadinanza previsto per inizio giugno. In molti forum e pagine social di sezioni o semplici militanti la cosa è stata oggetto di polemiche infuocate tra dem e pentastellati e all'interno dei dem stessi.
Gli avversari dell'alleanza organica col M5S hanno colto la palla al balzo per sottolineare quanto a loro avviso Conte non corrisponda assolutamente a un profilo di sinistra, e non hanno mancato di ricordare l’esperienza del governo gialloverde, da lui presieduto e con il leader leghista Matteo Salvini al Viminale, rimasto nella memoria collettiva per la chiusura dei porti e per il dl migranti che prevedeva respingimenti in mare e sequestro delle navi delle Ong operanti nel Mediterraneo.
Mercoledì, tra i primi a rispondere per le rime a Bettini c’è stata la vicepresidente dell’Europarlamento Pina Picierno, in questa fase esponente di punta dei riformisti e principale sostenitrice, all'interno dei dem, di ReArm Europe: «In un paio di pagine», ha affermato Pina Picierno, «è concentrata una deriva preoccupante, un ripiegamento identitario lontano anni luce dal Partito Democratico delle “origini” che non preoccupa tanto per l'atteggiamento intollerante verso il pluralismo interno, preoccupa invece moltissimo rispetto alla creazione di una alternativa credibile alle destre di Giorgia Meloni e Matteo Salvini, perché si allontana da un pensiero riformista, abbracciando un radicalismo insensato che nessuna esperienza di governo socialista in Europa, da Sanchez a Starmer, ha incarnato negli ultimi anni».