«La gatta frettolosa fece i gattini ciechi» dice il famoso proverbio napoletano che si addice perfettamente alla maggioranza di Governo. Incredibilmente ieri, infatti, il decreto flussi, dopo essere sbarcato nell’Aula della Camera, già con una compressione dei tempi di discussione nella Commissione Affari costituzionali, è tornato indietro proprio su richiesta del presidente della Prima di Montecitorio, Nazario Pagano: «purtroppo è emersa l'esigenza di adeguare la disposizione transitoria di cui all'articolo 19 alla luce delle modifiche introdotte in sede referente al Capo IV del testo medesimo».

In pratica si sono scordati di prevedere la norma transitoria che concede alle Corti di appello civili 30 giorni, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, per adeguarsi al fatto che saranno loro, e non più le sezioni immigrazione dei tribunali, ad occuparsi dei ricorsi contro le convalide dei trattenimenti dei migranti. Modifica che era stata introdotta con un emendamento della relatrice di Fratelli d’Italia Sara Kelany, probabilmente su impulso del Viminale. Ancora non si comprende bene se la norma sarà retroattiva. Il pasticcio legislativo è stato poi risolto quindi con un emendamento del deputato di Fratelli d'Italia, Alessandro Urzì, recepito in Commissione.

Secondo quanto riferito dall’Agi dietro questo mutamento repentino ci sarebbe una moral suasion del Colle che avrebbe informalmente sostenuto la richiesta dei presidenti delle Corti d'Appello che con una lettera al Capo della Stato e alla stessa premier aveva lanciato l’allarme in merito all’aggravio che ricadrà sui loro uffici. Comunque le tutte le opposizioni – Pd, M5S, Avs, + Europa – hanno abbandonato la discussione in Commissione per protesta. «Il rinvio in commissione - ha detto Simona Bonafè, capogruppo democratica in Commissione Affari Costituzionali - evidenzia il caos normativo generato dal governo nel tentativo di difendere il protocollo con l'Albania sull’immigrazione. Si è trattato dell’ennesima forzatura su un decreto nato male, dove è stato inserito come innesto il provvedimento ‘paesi sicuri’ già in discussione al Senato.

Le norme intervengono in modo disordinato sull’organizzazione della giustizia, sottraendo alle sezioni speciali immigrazione dei tribunali competenze rilevanti per attribuirle alle Corti d’Appello, già sovraccariche». Hanno aggiunto Enrica Alifano e Alfonso Colucci del M5S: «Di fronte a iniziative legislative di tale importanza serve evidentemente un serio approfondimento e garantire alle opposizioni la possibilità di presentare sub- emendamenti e discuterli nel merito. Se pensano di procedere con gravissimi strappi che annullano le corrette procedure democratiche, faranno da soli». «Maggioranza e governo - ha dichiarato altresì il deputato Riccardo Magi di + Europa - sono in confusione sul decreto flussi e la loro confusione si riflette nelle norme raffazzonate che approvano, salvo poi cercare di uscirne comprimendo le funzioni parlamentari. Pretendono di avere un canale normativo sempre aperto sull'immigrazione e sbagliano. Non è possibile continuare a lavorare così, non ci sono le condizioni e abbandoniamo lavori in commissione».

Mentre, al contrario, Urzì ha provato a sminare: «si tratta di un emendamento quasi formale. Non posso che ritenere strumentale questa levata di scudi da parte delle opposizioni, finalizzata a gettare ancora una volta discredito sulla legge».

Dopo la bagarre, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, a nome del governo, ha posto in Aula la questione di fiducia sul provvedimento. Oggi alle 16 avranno inizio le dichiarazioni di voto, a seguire le votazioni per appello nominale a partire dalle 17.45. Non si esclude una seduta notturna. Il via libera finale potrebbe arrivare domattina. C’è infatti necessità che il dl, all’interno del quale è confluito anche il dl Paesi sicuri, venga approvato quanto prima per passare poi al Senato. Va convertito entro il 10 dicembre. Appunto perché occorre velocizzare i tempi, ieri la relatrice Kelany non aveva illustrato neanche tutto l'articolato, rimandando ad una relazione scritta.

La parola era passata poi alla sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro per la quale «l'appello dei presidenti delle corti d'appello e dell'Associazione nazionale magistrati è stato frutto di una lettura poco attenta» e per cui «l'interpretazione della sentenza del 4 ottobre della Corte europea fatta dai giudici italiani nei provvedimenti di mancata convalida dei trattenimenti dei migranti nei centri in Albania, che non trova riscontro in altri Paesi europei, vedi ad esempio la Germania che rimpatria anche in Afghanistan, rischia di comportare la paralisi del meccanismo dei rimpatri, perché non ci sarebbero più Paesi considerati sicuri». Peccato però che la Germania non abbia designato l’Afghanistan come Paese sicuro. Insomma, la confusione regna dappertutto.