PHOTO
Carabinieri e polizia schierati davanti al rave party di Modena
Rischio grosso per il Governo ieri in Commissione Giustizia della Camera dove si stavano votando gli emendamenti al dl (anti rave, rinvio dell’entrata in vigore della riforma del processo penale, ergastolo ostativo, covid) varato dall’Esecutivo il 31 ottobre e emendato e approvato in Senato una settimana fa. «In commissione Giustizia abbiamo appena avuto un rigurgito di garantismo del centrodestra. Per un soffio stava passando il mio emendamento soppressivo del reato di “Rave” - aveva annunciato ieri mattina Devis Dori, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra in commissione - Per due soli voti non è stato soppresso questo nuovo reato». A favore del soppressivo hanno votato Avs, PD, M5S, Terzo Polo. Contro tutta la maggioranza.
Ma l'aspetto rilevante, da quanto appreso, è che alcuni deputati (soprattutto Forza Italia) di maggioranza erano fuori dall'Aula, quindi lo scarto è risultato solo di una differenza di 2 voti. Ci si chiede a Montecitorio: si sono assentati volontariamente o mera distrazione? Comunque alla fine della giornata la commissione ha concluso l’esame degli emendamenti. La II di Montecitorio ora è in attesa dei pareri delle commissioni competenti: oggi - o al più tardi domani - verrà conferito il mandato alla relatrice Ingrid Bisa (Lega). Il dl è atteso in aula per martedì 27 dicembre e va convertito in legge entro il 30 dicembre.
«È stato un lavoro molto intenso in questi giorni. Abbiamo dato il tempo necessario per un esame approfondito ma al tempo stesso, lavorando a ritmi molto serrati, siamo riusciti a concludere celermente l’esame di 140 emendamenti”, ha spiegato al termina della seduta il presidente della commissione Giustizia Ciro Maschio (FdI). Oggi, intanto, il Consiglio Superiore della Magistratura esprimerà un parere sul decreto legge (anti- rave, rinvio dell’entrata in vigore della riforma del processo penale, ergastolo ostativo, covid).
Il parere elaborato dalla sesta commissione è un giudizio in chiaro scuro del primo provvedimento voluto dal Governo Meloni. Per quanto concerne i raduni illegali, se molte criticità sono state riservate al primo testo (“formulazione eccessivamente imprecisa e generica del precetto, presenta incertezze interpretative e conseguenti criticità applicative”), passi migliorativi vengono evidenziati in merito all’emendamento del Governo: «Innanzitutto, risponde del reato solo chi organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno», non chi vi partecipa.
In più la norma circoscrive maggiormente gli ambiti di applicazione: «Non l’organizzazione o promozione di ogni raduno rileva nell’ambito della disposizione, ma solo quello che abbia una finalità “musicale” o altro scopo di intrattenimento. A limitare ulteriormente l’ambito della condotta penalmente rilevante vale la circostanza che dall’invasione arbitraria deve derivare un pericolo concreto per la salute o per l’incolumità pubblica, a causa dell’inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, avuto riguardo anche al numero dei partecipanti ovvero allo stato dei luoghi». Aspetto più importante, la norma non sarebbe incostituzionale in quanto «l’area di rilevanza penale pr»eserva l’ampiezza del diritto di riunione di cui all’art. 17 Cost».
Anche il trattamento sanzionatorio «sembra essere stato calibrato sui criteri elaborati dalla Corte EDU in tema di principio di proporzione». In merito al fine pena mai, l’espunzione dei reati contro la P. A. dal novero dei reati ostativi, «ferma restando la riconducibilità alla discrezionalità del legislatore di ogni opzione legislativa relativa alla individuazione delle fattispecie di reato cui applicare il particolare regime di cui all’art. 4bis dell’o. p., sarebbe preferibile affrontare il tema con una più ampia e rigorosa riflessione sulla ratio delle limitazioni previste - ratio che è da ricercare nella specificità del fenomeno mafioso - e sulla riconducibilità a questa delle fattispecie delittuose da inserire nel novero dei reati ostativi».
Sull’aumento della pena minima da espiare per la richiesta di accesso alla liberazione condizionale (da 26 a 30 anni) si potrebbero presentare «profili di potenziale conflitto con quanto affermato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, che ha fissato in 25 anni il termine per rivalutare la perpetuità della pena».
Circa le prove diaboliche che i detenuti non collaboranti dovranno mettere a disposizione dell’autorità giudiziaria per sperare di accedere al beneficio, l’unico appunto mosso è quello relativo al «pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi».
Per il Csm «la previsione in parola sembra determinare un ulteriore aggravamento dell’onere probatorio gravante sul condannato non collaborante». Infine, sul rinvio dell’entrata in vigore della riforma del processo penale gli emendamenti che stabiliscono un regime transitorio su determinati ambiti - ad esempio in materia di indagini preliminari e sentenze di non luogo a procedere - vengono accolti favorevolmente.