Sul fatto che la maggior parte degli eletti del M5s stiano con Giuseppe Conte, in quello che ormai è divenuto un duello rusticano tra l'ex- premier e Beppe Grillo sui futuri assetti del Movimento, vi sono pochi dubbi. Saggiamente, negli ultimi anni Conte ha lavorato per plasmare a propria immagine i gruppi parlamentari e gli organi dirigenti, riuscendo a sopire la rabbia del fondatore con una cospicua dote pecuniaria annuale. Ma ora, posto che non si tratti di una questione di adeguamento di quella dote, il dualismo ha imboccato la via di una soluzione, che difficilmente non potrà essere quella della scissione degli iscritti ancora fedeli a Grillo.

Se la cosa, a livello statutario preoccupa relativamente il presidente del M5s, che come detto controlla senza patemi il Movimento e porterà a compimento l'annunciata fase costituente, dal punto di vista del consenso invece gli riserva più di una preoccupazione. Finora, infatti, gli oppositori di Conte, i “puri e duri”, quando hanno abbandonato il M5s lo hanno fatto senza sbattere la porta e, in ogni caso, senza presentarsi alle elezioni con delle liste che si richiamassero alle origini del Movimento. Il primo caso che viene alla mente è quello di Alessandro Di Battista, uscito dal M5s in polemica con la svolta governista ma non entrato mai in rotta di collisione elettorale con l'attuale dirigenza.

Di Battista ha fondato un'associazione che si chiama “Schierarsi” e che è molto attiva sul fronte della politica estera, soprattutto nel sostenere la causa palestinese, ma pare – per il momento – che non abbia voglia di trasformare la propria creatura in un partito e presentarsi alle elezioni. Con “Schierarsi” simpatizza l'ex- sindaca di Roma Virginia Raggi, che è rimasta nel Movimento con una posizione defilata, come semplice consigliera comunale, senza però sparare a zero su Conte.

Poi c'è l'ex- presidente della Camera Roberto Fico, vittima più illustre della famigerata regola del doppio mandato che Conte vorrebbe abolire e su cui Grillo ha posto un veto severissimo. Per Raggi e Fico molti sono pronti a scommettere su un ammorbidimento nei confronti del leader, quando la regola del doppio mandato sarà mandata in soffitta, in modo da far entrare la prima in Parlamento e competere il secondo per la guida della Regione Campania. Per Grillo, invece, la prospettiva sembra la guerra di carte bollate a Conte per tenersi il simbolo storico del M5s e costituire un proprio movimento. Al quale aderirebbero di certo gli ex- parlamentari che giorni fa hanno firmato una lettere critica nei confronti dell'attuale presidente, e figure come l'ex- ministro Danilo Toninelli. A livello elettorale, l'appeal di Grillo – se non altro per il talento affabulatorio - sarebbe innegabile: potrebbe sottrarre a Conte la parte di elettorato storico grillino che ancora lo vota obtorto collo, pur non avendo particolare simpatia per Elly Schlein. Inoltre, Grillo potrebbe recuperare chi ha optato per l'astensionismo o per il voto protestatario e vorrebbe votare, ad esempio, per un partito di Di Battista.

Uno scenario non imminente ma nemmeno improbabile, che dovrebbe allarmare l'ex- premier. Conte, infatti, è notoriamente in una fase di grande difficoltà politica, dopo le performance negative alle Europee e alle Amministrative. La sua leadership è stata seriamente messa in crisi, e di fronte al rischio di essere disarcionato ha risposto con l'avvio della fase costituente e la promessa di un terzo mandato per chi è arrivato al secondo (la maggioranza dei parlamentari).

Chi non gli ha creduto ha già preso altre strade, come i due senatori approdati a Forza Italia dall'inizio della legislatura, ma il rischio di essere ulteriormente ridimensionato pone Conte in una oggettiva subalternità, rispetto al Pd di Elly Schlein, negli equilibri del Campo Largo. E soprattutto non gli consentono, al di là delle dichiarazioni di giornata, di esercitare realmente un diritto di veto sull'eventuale rientro di Matteo Renzi nel centrosinistra. Nell'agenda del leader pentastellato, in ogni caso, al momento ciò che farà Renzi non è la prima delle preoccupazioni.