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Elly Schlein alla manifestazione a Firenze indetta dai sindacati in difesa della scuola e della Costituzione dopo le violenze al Liceo classico Michelangiolo
L’effetto Schlein, ad una settimana dalla sua elezione, si fa sentire sulle intenzioni di voto degli italiani. Le sue ripercussioni, però, sembrano riguardare soltanto il bacino del centrosinistra senza scalfire in alcun modo il moloch della coalizione di centrodestra che sostiene il governo di Giorgia Meloni. Secondo l’ultima rilevazione Swg per il Tg La7 il Pd, in soli sette giorni, guadagna il 2,6 punti percentuali arrivando al 19 per cento e tornando ad essere il secondo partito italiano e il primo della coalizione di centrosinistra.
L’avanzamento dem nelle intenzioni di voto degli italiani sembra essere avvenuto esclusivamente a discapito di forze alleate o alleate potenziali. Il M5S di Giuseppe Conte, che pure ha festeggiato la vittoria di Schlein a danno di Bonaccini, perde l’ 1,3 per cento, scendendo al terzo posto con il 15,7. Ma perdono consenso anche la forza politica di Fratoianni e Bonelli, Verdi e Sinistra, con un meno 0,8 per cento e + Europa di Emma Bonino con un analogo - 0,8.
Addirittura registra un piccolo effetto benefico il Terzo Polo di Renzi e Calenda che guadagno uno 0,8 per cento arrivando all’ 8 pieno. E l’aria che tira tra Schlein e i leader del Terzo polo non pare essere delle migliori. Seppure Calenda, nei giorni immediatamente successivi all’elezione di Schlein, aveva ipotizzato possibili battaglie comuni, proprio ieri ha chiarito le sue intenzioni a mezzo di un tweet destinato a fare discutere.
«Cara Cristina - ha cinguettato il leader di Azione rispondendo a una follower che criticava un eventuale avvicinamento alle posizioni del Pd - credo di aver usato le parole più nette possibili. Nessuna alleanza politica è possibile con il Pd di Schlein. Sul salario minimo invece si può e si deve lavorare a patto che sia una misura sensata compatibile con la nostra proposta».
Sostanzialmente, quasi come in un sistema di vasi comunicanti, il 2,6 per cento che guadagna il Pd dopo le primarie ai gazebo è frutto del prosciugamento dei consensi degli altri contenitori di sinistra ponendo un tema centrale alla nuova segreteria che è quello di trovare un modo concreto per costruire un’alternativa di governo al centrodestra. Avere un Pd che si riprende la leadership del campo progressista, ma alla guida di una coalizione che rimane minoritaria nel Paese non cambierebbe di molto lo scacchiere politico nel prossimo futuro.
Secondo lo stesso sondaggio Swg, infatti, Fdi si conferma al 30 per cento, la Lega guadagna uno 0,1 per cento arrivando all’ 8,8 mentre Forza Italia rosicchia lo 0,2 risalendo al 6,6. Praticamente il centrodestra tiene botta, non soltanto dopo i primi mesi della gestione del governo nazionale, ma prosegue in un trend di successo anche dopo la vittoria alle ultime regionali che lo hanno visto trionfare sia in Lazio che in Lombardia.
Certo non si poteva immaginare una rimonta in una settimana e il lavoro che aspetta la nuova segreteria del Pd si prospetta lungo e per niente facile, così come era chiaro fin dalla vigilia.
Schlein ha anche da gestire l’opposizione interna in vista dell’assemblea nazionale di domenica prossima e dovrà decidere le mosse più opportune per tenere insieme il partito ed evitare pericolosi smottamenti. L’area Bonaccini, vincitrice nei circoli, aspetta gli adeguati riconoscimenti e non sarà facile arrivare a un equilibrio che possa soddisfare le aspirazioni di tutti.
La segretaria registra tra i dati in suo favore anche l’impennata del tesseramento, con quasi 4mila nuovi iscritti in pochissimi giorni, ma serve dare concretezza alla vittoria ai gazebo. E se è indispensabile tenere unito lo sfilacciato corpaccione dem, c’è subito da lavorare per dare vita ad un’opposizione parlamentare reale e unita. Il confronto con M5s e Terzo Polo non è più evitabile e Schlein dovrà trovare una chiave di comunicazione sicuramente diversa da quella usata dal predecessore Enrico Letta che si è ritrovato con il cerino in mano alla vigilia delle ultime elezioni politiche in uno scenario che non è dei più semplici.
C’è da ipotizzare che Giuseppe Conte, dopo gli abbracci iniziali, cominci a preoccuparsi seriamente per il futuro del proprio movimento, uscito piuttosto malconcio anche dalle ultime regionali, e che potrebbe essere risucchiato da un Pd nuovo e con l’asse spostato a sinistra.
Ad attendere spazi ed eventuali transfughi rimangono poi Renzi e Calenda che, in attesa di arrivare al partito unico, si godono la linfa nuova dei consensi e aspettano di potere avere i maggiori benefici di un’eventuale baruffa a sinistra per ottenere la leadership.