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LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI
«Schermaglie, niente di serio». Giorgia Meloni si avvicina ai microfoni dei cronisti presenti ai Med dialogues che si stanno svolgendo nella Capitale, e a differenza delle ultime volte ci tiene a dire la sua su quello che sta succedendo nella maggioranza.
Lo fa per minimizzare quel che si è visto ieri al Senato, ben sapendo però che in una certa misura contraddice sé stessa. Il centrodestra è andato sotto due volte nel giro di poche ore in commissione, e si tratta di un esito che la premier aveva tentato di scongiurare a tutti i costi, mettendo in campo anche il tentativo di compromesso previa apericena domenicale nella sua abitazione.
Qualche mese dopo lo scontro sul terzo mandato, un voto parlamentare torna a certificare il duello in atto tra Lega e Forza Italia. Ma mentre l'ultima volta la “conta” aveva comunque tutelato la posizione del governo, non facendo prev0alere l'opposizione, ieri i voti mancanti della maggioranza hanno consentito ai gruppi di minoranza di prevalere. Sul tavolo, come è noto, c'era la questione dello sconto da 90 a 70 euro del canone Rai, un tema su cui certo un governo non può cadere, ma estremamente sensibile per gli azzurri, sui quali pende un tacito diktat di casa Berlusconi teso a scongiurare a tutti i costi l'eventualità che la Rai possa rimuovere il tetto alla raccolta pubblicitaria per recuperare l'eventuale gettito perduto.
Un terreno, dunque, su cui Salvini ha voluto provocare l'alleato fino al voto in commissione, consapevole che i fronti di dissidio con gli azzurri sono tanti, e in alcuni casi molto profondi. E così di buon mattino, poco dopo l'apertura della seduta, il responso del pallottoliere è stato tanto chiaro quanto amaro per Palazzo Chigi: i due senatori azzurri presenti hanno aggiunto il proprio voto negativo a quelli dell'opposizione, facendo respingere la proposta del Carroccio che aveva incassato l'ok di FdI.
A parole, Salvini sembrava inizialmente voler gettare acqua sul fuoco, dando l'impressione di voler prendere atto: «Stiamo lavorando per abbassare le tasse», aveva affermato il leader leghista, «il canone Rai è una di queste, ma non è la nostra attività centrale. Abbassare il costo del canone è da sempre un obiettivo non della Lega ma del centrodestra. Forza Italia non lo vuole?», ha concluso, «Mi dispiace per gli italiani. Ma se sarà così, lavoreremo su altri fronti».
Qualche minuto dopo il voto sul canone, però, da via Bellerio è partito l'ordine della “rappresaglia”, e un emendamento dell'azzurro Claudio Lotito sulla sanità calabrese non è passato a causa dell'astensione dei leghisti. E anche se la linea era quella di minimizzare, Meloni non riusciva a mascherare fino in fondo il proprio scorno quando faceva filtrare che “l'inciampo” della mattinata “non giova” al centrodestra. Tenendo fede alla linea sempre più aggressiva che lo sta contraddicendo in questa fase politica, il segretario di Forza Italia Tajani rivendicava la propria scelta, con una replica per certi versi ruvida nei confronti della premier: «Non c'è nessun inciampo», ha detto, «abbiamo sempre accettato tante cose che non condividevamo al 100 per cento.
Ma questo lo abbiamo detto da prima, non era un emendamento del governo, era un emendamento presentato dalla Lega non in Consiglio dei ministri e noi abbiamo sempre detto che non lo avremmo votato fin dall'inizio». Poi, il richiamo al fronte più caldo: «Abbiamo votato per l'Autonomia, che se non ci fosse stata Forza Italia in Commissione sarebbe saltata perché erano assenti altri parlamentari, noi c'eravamo. Noi gli impegni li rispettiamo sempre, ma questo non è un impegno di governo e siamo partiti differenti. Io non impongo niente a nessuno», ha concluso, «ma non voglio neanche che nessuno imponga a Forza Italia altre scelte».
Siccome nulla è casuale, il riferimento all'Autonomia da parte del ministro degli Esteri riporta a tutti i fronti aperti, e per la legge Calderoli la questione, dopo il pronunciamento della Consulta, difficilmente potrà risolversi con un “niente di serio” quando la ridefinizione dei Lep arriverà in Parlamento. Ma nella giornata campale di ieri, sul fronte della Rai ha continuato a consumarsi l'impasse in Vigilanza sul via libera alla presidente designata Simona Agnes (in quota Fi), a causa del mancato accordo tra i gruppi, per arrivare al quorum di due terzi dei votanti richiesto dal regolamento.
Un quorum che diventa ora proibitivo, dopo lo scontro sul canone tra alleati e con le ostilità al massimo sull'autonomia differenziata. Senza contare la partita che si gioca in Europa, dove il von del Leyen bis ha oggi incassato il via libera dell'Europarlamento, sancendo ufficialmente l'entrata dei Conservatori di Meloni nell'area di governo. Salvini, in serata, torna su quello che è successo e rassicura: «Non è successo niente, abbiamo ancora tre anni davanti”. Difficile però pensare che, ad esempio, il Capitano non sfrutterà questa situazione inedita in Ue per sparare a zero sui Popolari e per marcare la differenza con la “morbidezza” dell'Ecr.