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La prima cosa che balza agli occhi dai risultati, a quest’ora ancora (troppo) parziali, delle elezioni continentali, le seste con l’elezione diretta del Parlamento, è che agli europei - di destra, di centro e sinistra, del Nord e del Sud, dellEst e dell’Ovest - l’Europa piace. Certo la vorrebbero diversa, in parecchi casi molto diversa. Però la vogliono, ne riconoscono l’importanza e rigettano i progetti di quelle forze che invece l’edificio dell’Unione vorrebbero sgretolare tornando agli Stati nazionali. È un risultato importante, non scontato, che conferma come la prossima Commissione sarà più liberale e centrista, con meno nuances socialdemocratiche ma sicuramente poco disponibile a concedere spazi di manovra, specie in campo economico, ai partiti vincitori in Paesi come l’Italia e la Francia che, dunque, saranno nazionalmente più forti ma continentalmente più isolati. La seconda cosa riguarda gli equilibri politici interni. Qui la contraddizione è stridente. L’insieme gialloverde risulta decisamente squilibrato. La Lega è di gran lunga il primo partito, un risultato per molti versi davvero storico, ma in Parlamento resta con uno striminzito 17 per cento mentre nel Paese sfonda quota 30 per cento. Di converso, i Cinquestelle nelle aule di Camera e Senato occupato il 32,7 per cento dei seggi ma gli attuali rapporti di forza indicano che sono lontani più di dieci punti percentuali, perfino sotto la quota psicologica del 20 per cento . Il ribaltone dei rapporti di forza che già si viveva negli ultimi mesi di governo ora è ufficializzato dalle urne. C’è da credere che il MoVimento si arroccherà vieppiú a difesa del fortino di palazzo Chigi ma con molte meno frecce al suo arco. E soprattutto - ed è l’aspetto decisivo - con una leadership colpita sotto la linea di galleggiamento e perciò inclinata verso l’affondamento. Sul fronte opposto, Salvini è conscio della propria forza ma è difficile che tenti il colpo di roulette di elezioni anticipate. Potrà alzare la voce nei riguardi dell’alleato e lo farà. Ma se non va al voto subito dovrà stilare con lui la prossima Finanziaria e sarà un roba da funamboli. Il Pd si gode il sorpasso sui Cinquestelle: un responso insperato e corroborante. Quello ottenuto da Zingaretti, a dispetto dei tanti che lo accusavano di essere troppo moderato, troppo silenzioso, troppo fuori dai giochi, è un risultato che per certi versi archivia definitivamente la stagione di Renzi e tuttavia apre scenari non definiti per i Democratici, ancora alla ricerca di una strategia con solide radici sul fronte delle alleanze. I Cinquestelle perdono perché il Sud non ha apprezzato un reddito di cittadinanza fumoso e e al di sotto delle promesse. La Lega esplode perché ha giocato la carta identitaria, Di Maio paga la mancanza di competenza dimostrata sui principali dossier di governo e l’inafferrabilitá del suo profilo politico. Né di destra né di sinistra non è un atout: piuttosto una nebbia che tutto confonde.