I sondaggi, si sa, vanno presi sempre con le pinze: precisi non lo sono quasi mai, in compenso indicano quasi sempre una tendenza reale. L’ultima media tra i vari sondaggi registra un calo robusto del Pd, che per la prima volta da parecchio perde mezzo punto e scivola al 22,4%. Un paio d’anni fa, quando il Pd teneva le dita incrociate per superare la soglia psicologica del 20% sarebbe stato un esito di lusso. Oggi il quadro è rovesciato e un calo così brusco minaccia l'inversione di tendenza. Perde decimali anche FdI, ora più vicina al 29 che non al 30% e arretra anche la Lega. Tre soli partiti migliorano le posizioni: il M5S, Fi ormai saldamente al terzo posto con un punto secco di vantaggio sul competitor diretto, la Lega, e soprattutto Azione di Calenda, che conquista esattamente quanto perso dal Pd: mezzo punto tondo.

La tendenza registrata dai rilevamenti è interessante non tanto in sé ma in quanto va applicata a un quadro politico radicalmente nuovo. Il ciclone Trump costringe a ridisegnare tutte le mappe. I ragionamenti e i calcoli dei due anni e mezzo precedenti sono avviati al macero. In questa situazione inedita e del tutto imprevista appena tre mesi fa il Pd è effettivamente il partito maggiormente in difficoltà. Conte è stato abile e soprattutto tempestivo nell'impadronirsi della rappresentanza di un sentimento diffuso in tutta la popolazione ma soprattutto a sinistra ostile al riarmo. La manifestazione di sabato scorso è stata un grosso successo sul piano politico molto più che su quello numerico. Una parte sostanziosa del popolo di sinistra, che fosse in piazza o meno da questo punto di vista poco importa, ha dimostrato di essere pronta a chiudere tutti e due gli occhi sulle ambiguità di Conte in materia di giustizialismo, postazione peraltro ormai largamente maggioritaria a sinistra, e di politiche dell'immigrazione in nome del no alla guerra e al riarmo.

Tanto il nuovo quadro è comodo per il leader dei 5S, altrettanto è scomodissimo per Elly Schlein. Su quel terreno non può competere con l'asse M5S-Avs perché metà del suo partito non la seguirebbe, dunque rischia di scontare un'emorragia su quel lato. Però non può nemmeno lasciare a Conte e anche a Fratoianni la rappresentanza di quella posizione maggioritaria nel suo stesso elettorato. Dunque deve per forza attestarsi su una linea incerta e ambigua che le rende ostile un'altra parte dell'elettorato. Dalla sua nascita in poi il Pd, partito in perenne crisi di identità, ha supplito a quel vuoto identitario proponendosi come vestale delle istituzioni, in particolare della presidenza della Repubblica, e dell'Europa. Per una parte tutt'altro che trascurabile sia del partito che dell'elettorato non è accettabile quello che viene vissuto con un vero e proprio voltafaccia nei confronti dell'idolo europeista. Il guadagno di Calenda, che cavalca appunto la posizione di europeismo estremo lasciata sguarnita da Elly, può anche essere effimero: indica comunque un disagio di fronte alla mezza svolta della segretaria che di effimero non ha proprio nulla. A destra, più che il riarmo, pesa probabilmente la disposizione nei confronti del guastatore della Casa Bianca. Il presidente americano sta rapidamente passando da bandiera e leader della destra mondiale a personaggio pericoloso considerato dall'elettorato anche della destra una minaccia per i propri interessi materiali. Il calo della Lega, quasi un Trump Fan Club tricolore, e la crescita del partito rivale azzurro, il meno trumpiano che ci sia nella destra italiano, lo dicono molto chiaramente, anche in questo caso anche indipendentemente dalla volatilità dei sondaggi.

Il partito che perde di più, dopo il Pd, non è però la Lega bensì FdI. Giorgia, a conti fatti, non si trova in una condizione molto diversa da quella della segretaria del Pd: se Elly sconta incertezze e ambiguità nei confronti del riarmo Giorgia paga lo stesso dazio per quanto attiene ai rapporti con Trump. Stare nel mezzo, come ha provato a fare lei anche a costo di tenere molto basse riserve e critiche nei confronti di un'amministrazione palesemente ostile all'Europa sia come Unione che come singoli Paesi membri, è una postazione giocoforza molto rischiosa e per ora i costi sono per la premier decisamente prevalenti rispetto ai possibili, ma al momento inesistenti, vantaggi.

Nel caso di Giorgia Meloni, però, il quadro è più esposto a ribaltamenti di quanto non sia per Elly Schlein. Anche dal punto di vista del gradimento interno la missione a Washington di giovedì prossimo sarà molto importante. Se la premier italiana otterrà qualche risultato, dimostrando così con i fatti di aver avuto ragione nel mantenere una posizione "mediana" e sin troppo prudente, è probabile che la popolarità sua e del partito che con lei è identificato rimonti rapidamente. Se l'esito sarà deludente o, peggio, umiliante l'esito dell'escursione sarà diametralmente opposto.