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L’opposizione al governo giallo- verde? La fanno i magistrati. Non tutti a dire il vero, ma solo quelli della corrente progressista all’interno della magistratura associata riconducibile al gruppo di Areadg. In un Parlamento dove l’opposizione per vari motivi è assente, le uniche voci contrarie ai provvedimenti voluti dall’esecutivo vengono ormai quasi sempre dalle toghe di “sinistra”. Sono loro, i magistrati che un tempo si sarebbero definiti “rossi”, i più strenui oppositori del governo del cambiamento e, in particolare, di Matteo Salvini. Gli attacchi più duri al ministro dell’Interno negli ultimi mesi sono venuti infatti tutti da loro. Sostanzialmente non hanno concorrenti nel Parlamento.
Ecco, quindi, che i magistrati progressisti a tempo pieno stanno svolgendo il ruolo di ' supplenti' dell’opposizione parlamentare. Senza, come detto, il supporto degli altri gruppi della magistratura associata. Magistratura indipendente, la corrente moderata delle toghe, ha messo da tempo le mani avanti: «nessuna polemica politica, evitiamo l'uso strumentale della giustizia». Quali le norme più contestate? Alcuni esempi. La riforma del rito abbreviato e il decreto sicurezza. Due provvedimenti visti con il fumo negli occhi dalle toghe progressiste. Soprattutto il decreto sicurezza, il cavallo di battaglia di Salvini per il contrasto all’immigrazione clandestina. Sul tema dei migranti si è consumato lo scontro più duro. Si ricorderanno le polemiche sul ruolo delle Ong e sul diktat salviniano di chiudere i porti. “Inammissibile”, rispose a suo tempo l’ex procuratore di Torino, Armando Spataro, storica toga progressista. L’ultimo terreno di scontro è la riforma della legittima difesa, la cui approvazione è al rush finale in Parlamento.
«Una proposta che suscita serissime perplessità sul piano della sua tenuta costituzionale e gravi preoccupazioni per i suoi effetti pratici e per la sua valenza culturale». Così in una nota di ieri del coordinamento nazionale di Area. Secondo le toghe progressiste, infatti, “si modifica l’art. 52 del codice penale, riconoscendo sempre la sussistenza della proporzionalità fra offesa e difesa”. Si va nella direzione, dunque, «di ritenere proporzionata qualunque difesa, a prescindere dalla adeguatezza delle modalità e dei mezzi con cui essa sia attuata e indipendentemente dai beni giuridici in gioco». Un aspetto, questo, che renderebbe «recessivi dei beni come la vita, la salute e l’incolumità personale, che nella scala dei valori costituzionali sono tutelati in massimo grado, anche quando appartengono ad un soggetto che commette reato, rispetto ad altri, come i beni patrimoniali che, invece, hanno una minore rilevanza» .
I magistrati di Area puntualizzano poi come «la nuova legge non eviterà procedimenti e processi, ma semplicemente li complicherà» poiché «in presenza di un qualunque fatto che potrebbe costituire un reato, l’avvio dell’indagine è e resterà doverosa, come la pronuncia e l’accertamento dei fatti da parte del giudice». La riforma della legittima difesa «porta con sé un frutto avvelenato: il messaggio che si vuol far passare, infatti, è la legittimazione della giustizia privata, della vendetta» e «passa l’idea che lo Stato e i suoi apparati preposti alla tutela delle persone e dei loro beni non siano in grado di garantire la sicurezza».