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Doveva essere solo una festa, ma si è trasformata nell’ennesima occasione di scontro interno. Il 4 ottobre, giorno del decimo compleanno del Movimento 5 Stelle, i pentastellati si spaccano. Da un lato i volti istituzionali e lo stesso Beppe Grillo, dall’altro un gruppo agguerrito di dissidenti, contrari al nuovo corso di governo.
Il fondatore soffia sulle candeline dal suo Blog, ormai personale, ma con piglio di leader, ideologo e artefice delle ultime manovre che hanno consensito a Giuseppe Conte di rimanere a Palazzo Chigi anche se con una maggioranza diversa. «Se siamo riusciti ad allearci con il Pd ( e loro con noi) possiamo vederla in due modi: necessità di poltrone oppure uno step evolutivo della politica», scrive Grillo, mettendo la firma su una decisione che lo stesso Luigi Di Maio pare aver subito a metà agosto. «Le mummie ci chiamano democristiani? Opinione di mummia resta», è il monito che il comico genovese indirizza agli scettici del suo partito. «Il Movimento si è stampato nella realtà, il Paese inizia a mettersi al passo con fenomeni globali che lo riguardano inevitabilmente», rivendica. Ma per dare risposte al paese bisogna uscire dalla logice della contrapposizione e concentrarsi sulle persone reali, argomenta Grillo. «Una cosa sola sembra vera: il paese è spaccato in due, oppure si è spaccato le due palle? È spaccato in due se è un paese di tifosi, sennò è pieno di gente stanca ed avvilita, la nuova sfida è attraversare il confronto con potenze economiche spaventose senza che la gente sia oppressa», è l’orizzonte indicato dal leader. «Intrigarsi delle nuove tecnologie senza vederle come statsandro Di Battista, che tace su us symbol. La logica dei dazi non sarà mai sufficiente». E a chi ancora non accetta l’evoluzione rapida, tipica dei movimenti, Grillo replica con una battuta: «Vedo tanti occhi aperti alla nuova realtà ed alle nuove sfide, sono così entusiasta che abbraccerei persino Mentana!».
Ma l’ottimismo del fondatore cozza contro la diffidenza di chi è convinto di interpretare il grillismo meglio di Grillo. È il caso degli intransigenti, tra le cui schiere figura di diritto il consigliere regionale del Lazio, Davide Barillari, che proprio in occasione del compleanno hanno stilato un documento che mina alle basi l’intera organizzazione del Movimento. È la “Carta di Firenze 2019”, testo che prende spunto dall’omonimo “vademecum” compilato dieci anni fa da Grillo e Casaleggio per le Amministrative 2009, con cui i dissidenti invocano un ritorno alle origini. «Siamo quelli che da sempre sotto la bandiera del Mov imento parlano con le persone per la strada, con la pioggia o con il sole cocente, mettendoci al servizio delle nostre comunità ai banchetti e nelle piazze», è la premessa. «Da tempo però assistiamo al dissolversi di questo progetto politico. In nome di una fraintesa responsabilità di governo», scrivono i nemici di Di Maio, accusando il partito di aver rinunciato ai propri principi identitari. «Dalla lotta per la ricostruzione di uno stato sociale massacrato da trent’anni di neoliberismo fino alla battaglia per la conquista della piena sovranità nazionale». A essersi smarrita per strada in questi 10 anni, secondo i grillini intransigenti, è la coerenza. Per ritrovarla propongono cinque punti programmatici che sconfessano l’intera catena di comando del Movimento: dal capo politico a Davide Casaleggio. Il loro ridimensionamento viene invocato fin dal primo punto, intitolato: “Trasparenza e democrazia interna”. È qui che si chiede il «superamento della figura del capo politico mediante l'introduzione di organi elettivi e collegiali a livello nazionale, regionale e provinciale, che abbiano l'autorità di intervenire nella gestione dei conflitti interni nelle aree di competenza». Ma anche «l'attri-buzione della piena proprietà e della gestione del Sistema operativo Rousseau al Movimento 5 Stelle assicurando la massima trasparenza della piattaforma, in particolare verso le richieste di: accesso pubblico all'anagrafe territoriale degli iscritti, verificabilità degli esiti delle consultazioni». Tradotto: Di Maio e Casaleggio jr sono il problema più grosso da rimuovere. Tra le richieste, anche «un codice etico unico e inderogabile», «la riorganizzazione dal basso» e la formulazione di criteri oggettivi e democratici per le candidature e le nomine all’interno del M5S». Altro che «step successivo», gli scettici si ispirano al purismo dell’uno vale uno francescano dei primi tempi.
E tra prese di posizione contrapposte, nel giorno del decimo anniversario si nota però un’assenza importante, quello di Alessandro Di Battista, che tace su Facebook dal 19 settembre. La festa può comunque avere inizio.