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Giorgia Meloni riceve Elon Musk a Palazzo Chigi
Era nell'ordine delle cose, assolutamente inevitabile, la smentita del governo sull'accordo secondo Bloomberg già quasi concluso con Elon Musk per affidare ai satelliti di Starlink, proprietà Elon, i servizi di "telecomunicazione sicura" per l'Italia. Quelli privati ma anche quelli istituzionali e militari. Però chiudere un accordo strategico che riguarda la sicurezza nazionale e impatta sui rapporti con l'Unione europea senza passare per il Parlamento e senza perdere tempo in discussioni e dibattiti, inevitabilmente molto accesi, sarebbe troppo anche per una premier capace di volare dall'altra parte dell'Atlantico anche per affrontare una crisi diplomatica seria come quella legata all'arresto di Cecilia Sala senza informare preventivamente nemmeno la molto ristretta unità di crisi che della faccenda si sta occupando.
La smentita è arrivata ed esattamente nei termini facilmente prevedibili: nessun accordo concluso e smentita "ancor più categorica" sul contratto infilato nella chiacchierata con Donald Trump a Mar-a-Lago, Florida. Il comunicato conferma però che i contatti in corso con Space X, la società di Musk, ci sono perché «le interlocuzioni con SpaceX rientrano nei normali approfondimenti che gli apparati dello Stato hanno con le società». Non che fosse un segreto: i contatti erano già stati confermati da diversi esponenti del governo, a partire dal ministro della Difesa Crosetto, dopo il primo incontro tra la premier e il plutocrate. E l'interesse di Musk per l'affare è esplicito, anche perché tutto lascia pensare che intenda usare l'amichevole Italia come testa di ponte per lanciare il suo sistema Starlink alla conquista dell'intera Europa.
La classica insurrezione delle opposizioni era altrettanto prevedibile e raramente altrettanto giustificata. Un accordo come quello prospettato da Bloomberg non si limiterebbe a consegnare a Musk una già molto discutibile posizione di assoluta preminenza sul fronte economico. In questo caso, infatti, il confine tra interesse aziendale e politico è inesistente: il potere di condizionamento di un industriale che è già a tutti gli effetti anche un politico e che di politica europea si impiccia quotidianamente diventerebbe immenso. Inoltre il colpo alle velleità europee di costruire un proprio sistema satellitare di difesa sarebbe da KO.
La vicenda insomma resta ancora aperta ma, checché ne dica palazzo Chigi con le "categoriche smentite", è inevitabile che si intrecci con la partita che Giorgia Meloni è andata a giocare in Florida. Di certo nell'incontro con Musk il caso di Cecilia Sala è stato al primo posto. L'urgenza è immediata. La premier è decisa a ottenere la liberazione della giornalista di fatto presa in ostaggio anche se ancora non è definito in quali forme, se respingendo una richiesta di estradizione per l'iraniano Abedini che peraltro non è ancora stata inoltrata dagli Usa o con un doppio passaggio dal carcere ai domiciliari in vista di una successiva e altrettanto doppia scarcerazione.
In ogni caso una sorta di semaforo verde da parte del prossimo presidente degli Usa sarebbe necessario e, almeno stando al clima galvanizzato che aleggia nelle stanze del governo, si direbbe che qualcosa in questo senso la premier italiana abbia ottenuto. Ma non c'era solo, e in prospettiva neppure soprattutto, la giornalista detenuta in Iran. Giorgia Meloni non aveva e non ha alcuna intenzione di presenziare all'insediamento di Trump, il prossimo 20 gennaio, pur essendo stata invitata. Quella sarà la sagra del sovranismo euroamericano, la gran festa trionfale della nuova destra radicale all'arrembaggio ovunque. I leader di quella destra saranno ospiti graditi, ma in veste di vassalli ai quali il ripresidente americano chiede fedeltà e che, per ciò stesso, saranno ancor più marcati a fuoco in Europa. Non è quella la parte che la premier intende assumere.
Come non lo è il ruolo di uno dei tanti leader europei ostili a Trump. Ambisce a essere la sola considerata pienamente affidabile sia a Washington che a Bruxelles e il gioco d'anticipo del viaggio a sorpresa in Florida serviva anche a smarcarsi sia dai vassalli che dai nemici di Trump. In veste di leader amica di Trump, europeista e tuttavia autonoma nella difesa degli specifici interessi italiani, Giorgia spera di mettere a frutto la redditizia posizione su più fronti a partire da quelli che potrebbero rivelarsi più spinosi per l'economia del Paese che governa: dazi ed energia. Non a caso è su questi due punti che i colloqui di Mar-A-Lago si sono spinti più avanti, sino all'impegno di Trump di discutere con l'italiana prima di eventuali decisioni contundenti. Ma è davvero difficile credere che un capitolo centrale come il controllo delle telecomunicazioni non faccia parte del pacchetto, nel tentativo di rendere quanto più possibile compatibili gli interessi del tycoon e quelli della Ue.