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C’ è il presidente della Basilicata, Marcello Pittella, finito ai domiciliari con l’accusa di falso e abuso d’ufficio per le nomine nella sanità. C’è Giancarlo Galan, per 15 anni presidente del Veneto, prima in carcere e poi ai domiciliari con l’accusa di corruzione, concussione e riciclaggio nella maxi inchiesta sulle tangenti per il Mose. E anche Ottaviano Del Turco, arrestato per l’inchiesta sulla sanitopoli abruzzese quando era a capo della giunta, accusato anche di associazione a delinquere, accusa poi caduta. Non esiste una sola regione in Italia che non abbia avuto, almeno una volta, un presidente indagato. Se ne contano circa 60, negli anni, e a volte a qualcuno è toccato anche varcare le porte del carcere. L’ex presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, è solo l’ultimo in ordine di tempo: dopo la condanna definitiva a 5 anni e 10 mesi per corruzione, da ieri si trova in carcere a Bollate. Prima di lui la Lombardia aveva visto indagato e condannato anche Roberto Maroni. Ma il carcere è un destino che il Celeste condivide con il collega calabrese, anche lui di centrodestra, Giuseppe Scopelliti, condannato definitivamente, ad aprile scorso, a quattro anni e sette mesi per gli ammanchi nei bilanci del Comune di Reggio Calabria dal 2008 al 2010, periodo in cui era sindaco della città. Accusato di abuso d’ufficio ( reato prescritto) e falso in atto pubblico, l’ex sindaco ha ottenuto solo uno sconto di cinque mesi rispetto alla condanna in appello. Il 5 aprile, dunque, l’ex presidente si è recato nel carcere di Arghillà, che ora può lasciare quattro ore al giorno per svolgere attività di volontariato. Ma la “maledizione” dei governatori si è abbattuta anche sul suo successore piddino, Mario Oliverio, oggi costretto all’obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore con l’accusa di abuso d’ufficio e corruzione, contestata dalla Dda di Catanzaro per la gestione di alcuni appalti milionari della Regione. Non è una novità, dunque, anche perché la Calabria si è vista indagare gli ultimi cinque governatori. Oltre Scopelliti e Oliverio ci sono, infatti, anche Luigi Meduri, governatore dal 1999 al 2000, arrestato nel 2015 per una storia di tangenti che coinvolgeva anche l’Anas. Ai domiciliari da ottobre a dicembre, poi sottoposto all’obbligo di firma fino a marzo 2016, nei mesi scorsi è stato assolto «perché il fatto non sussiste».
Ma i guai hanno riguardato anche il suo successore, l’ex magistrato Giuseppe Chiaravalloti, finito nelle indagini di Luigi De Magistris - “Poseidone”, “Dinasty2” e “Why not” - con le accuse di frode, corruzione e abuso d’ufficio. In due casi fu prosciolto, in “Why not” nel 2013 scattò la prescrizione. E quest’ultima inchiesta coinvolse anche Agazio Loiero - coinvolto in diverse indagini, uscendone sempre pulito - assolto poi per «non aver commesso il fatto». Una poltrona maledetta quella della cittadella regionale di Catanzaro, dunque. Come forse lo è anche quella a Palazzo d'Orléans, in Sicilia, dove fra il 1994 e oggi sono sei i presidenti e gli ex presidenti finiti in casi giudiziari. Prima Rino Nicolosi ( Dc), arrestato e condannato due volte: cinque anni e mezzo per mazzette sulla costruzione di un centro fieristico a Catania e tre anni e due mesi per una tangente di mezzo miliardo sull'acquisto della sede di rappresentanza della Regione siciliana a Roma. Ma Nicolosi era coinvolto anche nel processo sulla “Tangentopoli siciliana”, durante il quale ammise: «la politica costa». Ci fu poi Giuseppe Provenzano ( Forza Italia), per il quale Giovanni Falcone chiese l’arresto per avere intrattenuto rapporti con la moglie del boss Provenzano, quale commercialista della donna. Dopo meno di una settimana fu scagionato dallo stesso Falcone, ma poi condannato assieme ad un altro presidente, Giuseppe Drago, a tre anni per peculato e all'interdizione dai pubblici uffici. Ci sono poi Totò Cuffaro - condannato a sette anni per favoreggiamento aggravato alla mafia - e Raffaele Lombardo, arrestato due volte e ora di nuovo a processo, dopo la decisione della Cassazione di accogliere il ricorso della Procura generale di Catania: dopo una condanna in primo grado a 6 anni e 8 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, il 31 marzo 2017 la Corte d'Appello di Catania aveva ridotto la pena a 2 anni solo per voto di scambio. Infine Rosario Crocetta, indagato nel 2017 per corruzione e finito nell’inchiesta Montante l’anno dopo con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al finanziamento illecito.
Tra gli imputati e assolti eccellenti c’è Vasco Errani, ex governatore della Toscana, assolto dall’accusa di falso ideologico perché il fatto non sussiste, dopo un calvario lungo 7 anni. Ma la storia dei governatori finiti agli arresti è lunga e parte da lontano. In Campania ( dove tra gli indagati eccellenti ci sono stati anche l’ex presidente Antonio Bassolino e l’attuale governatore Vincenzo De Luca) c’è ad esempio Ferdinando Clemente di San Luca ( Dc), presidente dal 1989 al 1993, anno in cui venne arrestato con l’accusa di aver ricevuto delle tangenti. Nel 2002 fu riabilitato e risarcito con 160mila euro. Il collega democristiano Antonio Fantini, che lo aveva preceduto, dopo una condanna a 2 anni e 10 mesi per la cattiva gestione dei fondi per il Terremoto dell'Irpinia del 1980, nel 2009 venne sottoposto al divieto di dimora in Campania om un'inchiesta sull'Agenzia regionale per la Protezione ambientale.
Agli arresti, negli anni, ci sono finiti anche Marco Marcucci, ex presidente della Toscana, finito in carcere a Sollicciano per lo scandalo della diga del Bilancino e assolto nel 1999 perché il fatto non sussiste; e Angelo Rojch, presidente in Sardegna dal 1982 al 1984, indagato per truffa alla Comunità europea nei corsi professionale e per voto di scambio. In carcere ci rimase per 30 giorni, salvo poi essere assolto con formula piena. In Liguria, Alberto Teardo, president dal 28 settembre 1981 al 25 maggio 1983, venne arrestato per corruzione e concussione con altri esponenti del Psi ligure, scontando più di due anni di carcere. In Abruzzo non è toccato solo a Del Turco, ma anche al suo predecessore Rocco Salini: la giunta venne arrestata in blocco per l’uso scorretto di 450 miliardi di fondi europei e lui fu l’unico condannato ad un anno e 4 mesi di reclusione per falso ideologico e abuso d'ufficio. Ma la conta non finisce qui: in Friuli, nel 1994, finì in carcere Adriano Biasutti, coinvolto in Mani pulite e condannato, a seguito di un patteggiamento, a38 mesi di reclusione, mentre in Umbria, nel 2013, Maria Rita Lorenzetti è rimasta 14 giorni ai domiciliari nell'inchiesta sul passante ferroviario dell'alta velocità in costruzione, con le accuse di associazione per delinquere, abuso d’ufficio, corruzione e traffico illecito di rifiuti.