Potrebbe non durare molto, dato l'avvicinarsi della sessione di bilancio, ma il combinato disposto dell'ennesimo caso di presunto dossieraggio e dell'attacco delle truppe israeliane al contingente italiano Unifil in Libano ha riportato, d'incanto, la concordia nel centrodestra. Una tregua che è arrivata in un momento di tensione alta, che aveva fatto tornare la maggioranza sui livelli di litigiosità della scorsa estate, con la differenza che alle questioni autonomia differenziata e cittadinanza, che già da mesi dividono i partiti di governo, si era aggiunto l'intricatissimo dossier manovra, che aveva già portato su un crinale di conflitto i punti di vista degli alleati sulla tassazione degli extraprofitti e sulle accise.

Dal punto di vista politico, è stata certamente l'inchiesta di Bari ai danni di un funzionario di banca (presunto responsabile di migliaia di accessi abusivi a conti di correnti di numerose personalità, tra cui ministri, la stessa premier Giorgia Meloni e sua sorella Arianna) quella più efficace a ricompattare le forze di maggioranza, visto che le vittime del presunto “spione”, oltre alla presidente del Consiglio, sono esponenti politiciappartenenti in gran parte al centrodestra, come già accaduto per l'inchiesta di Perugia. E' stato quindi naturale che, dalla Lega a Forza Italia, passando per il partito di maggioranza relativa, si moltiplicassero le dichiarazioni di solidarietà alla premier e tendenti ad avvalorare un quadro in cui vi sarebbe una regia occulta per far cadere il governo di centrodestra.

E nel sillogismo proposto negli ultimi due giorni da tutti i politici che hanno esternato sull'argomento, la regia occulta dietro “il nostro dossieraggio quotidiano” evocato da Meloni sui social non può che essere quella di tutti i poteri (occulti, economici e politici) che osteggiano l'esecutivo in carica. «Sono tra i dossierati», ha dichiarato il segretario della Lega Matteo Salvini, «denuncerò tutti quelli che mi hanno dossierato, spiato e sbirciato dal buco della serratura. Li denuncio civilmente e penalmente». Su questa linea, anche ieri è intervenuto il presidente del Senato Ignazio La Russa: «Quando non si riesce», ha detto, «con le ragioni del consenso, a scardinare una realtà che gli italiani vogliono, allora si cercano altri rimedi».

A completare il quadro, dalle file di Forza Italia il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri attacca Bankitalia per omesso controllo sulle violazioni baresi: «La Banca d'Italia», osserva, «dorme come fece ai tempi degli scandali del Monte dei Paschi di Siena, su cui la vigilanza fu inefficace, o ha deciso quest'oggi di convocare i vertici di Banca Intesa a tutela dei risparmiatori italiani, dopo questo scandalo enorme che investe tutta l'organizzazione di questo istituto bancario? A Via Nazionale», conclude,«dormono o sono desti?». Un centrodestra che parla come un sol uomo, dunque, ed è naturale che lo faccia anche rispetto all'attacco israeliano al quartiere generale Unifil in Libano, sotto il comando italiano, che in questo caso, data la gravità dell'episodio, ha contribuito a ridurre le distanze non solo all'interno della coalizione governativa, ma tra maggioranza e opposizione. Ed è significativo che nel caso della maggioranza, la replica del nostro governo sia stata affidata, per forza di cose, al ministro della Difesa Guido Crosetto, proprio nel momento in cui quest'ultimo era al centro di polemiche e retroscena che lo volevano in rotta coi colleghi di governo, compresa Meloni, tanto da essere arrivato, nelle ultime settimane, a non presenziare le riunioni del Consiglio dei ministri ( circostanza negata dal diretto interessato, regolarmente presente nella seduta di giovedì scorso).

Da Pristina, in Kosovo, dove ha presenziato alla cerimonia di avvicendamento al comando della missione Kfor, il ministro ha ribadito i toni severi indirizzati verso il governo israeliano nell'immediatezza degli attacchi: «Pretendo il rispetto», ha affermato, «di una nazione amica e lo pretendo per tutti i caschi blu. L'Italia non prende ordini da nessuno e non saremo mai noi che ci spostiamo se arriva qualcuno con la forza. Siamo là», ha concluso, «e ci rimaniamo con la fierezza del mandato Onu». Parole che, nel contesto purtroppo di una situazione drammatica, hanno suscitato un moto unanime di concordia attorno a Crosetto, che forse era il ministro che in questa fase ne aveva maggiormente bisogno.