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Quando nel 2011 staccò al ballottaggio di addirittura 10 punti la sindaca uscente di Milano Letizia Moratti, risultando così il primo sindaco di sinistra nella principale roccaforte di centrodestra dal 1993, dunque il primo incoronato con l’elezione diretta, pochi si stupirono. Giuliano Pisapia, avvocato di grido e figlio del principe del Foro Gian Domenico, l’artefice del nuovo codice penale, era forse il solo candidato che potesse strappare la capitale morale alla destra, nonostante lo strenuo impegno di Silvio Berlusconi a sostegno della sua candidata. Messo in campo da Nichi Vendola, apprezzato dall’elettorato di sinistra incluso quello più radicale abituato a disertare le urne e comunque a non concedere mai fiducia al centrosinistra moderato, era però altrettanto popolare nei salotti e negli ambienti che formavano la base sociale di donna Letizia. Qualcuno lo votò per scelta politica. Qualcun altro per censo.
Però sarebbe un grosso sbaglio identificare Giuliano Pisapia con quella sinistra da salotto, tarata dal politically correct e da un insopportabile ideologismo perbenista aristocratico, che si riflette con mirabile perfezione in Laura Boldrini, la prima e più solerte nel lasciarsi coinvolgere dal ' campo progressista' dell‘ ex sindaco. A differenza della Boldrini, Pisapia è davvero un ragazzo di Movimento, con una biografia che basta a tacitare la malevolenza dei critici. Si può non concordare con la scelta di Pisapia, che porta dritta all’alleanza non con il Pd ma con il Pd di Renzi, che è tutt’altra cosa. Ci si può chiedere cosa detti al ' campestre' una scelta dei tempi poco comprensibile, dalla dichiarazione di sostanziale appoggio a Renzi proprio all’indomani di un referendum disastroso per l’ex padrone del Pd alla decisione di varare il suo progetto senza attendere chiarezza su un paio di elementi per quel progetto determinanti, come la nuova legge elettorale e il futuro di un Pd sull’orlo della scissione. Ma nel suo caso le critiche, co- me ha segnalato proprio l’ex alleato e oggi rivale Nichi Vendola, non possono degenerare in attacchi personali e bassi.
Nato nel 1949, Giuliano è entrato nel Movimento studentesco con i primi botti del ‘ 68 milanese, per poi aderire nei ‘ 70 a Democrazia proletaria. Prima di seguire le orme del famoso padre ha tentato gli studi di medicina, facendo il barelliere di notte pur di mantenersi senza battere troppo la cassa, poi quelli di Scienze politiche. Nel decennio rosso è stato operaio, educatore nelle carceri minorili, impiegato di banca, assalitore in fanteria negli anni del servizio militare.
Quando la sinistra, con una sterzata che in quegli anni ‘ 70 sarebbe stata letteralmente inimmaginabile, si scoprì giustizialista, innamorata dei Pubblici ministeri, pronta a invocare galera e sicurezza, quella di Pisapia è rimasta una delle poche voci apertamente garantista, pronta a schierarsi a favore della divisione delle carriere in magistratura anche quando quello era il cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi, pertanto innominabile per i rossi di ogni tonalità.
Almeno all’accusa, o almeno al sospetto, più frequenti quando si tratta dei politici italiani Pisapia sfugge di certo. Nessuno può sospettarlo di farsi guidare dalla necessità di difendere il posto, di garantirsi la rielezione. Al contrario, se si deve dar credito ai pettegolezzi di transatlantico, sarebbe proprio per tornare a una florida e proficua attività di avvocato che ha sempre marciato di pari passo, e spesso un passo avanti, con l’impegno politico, che l’anno scorso ha deciso di non ricadidarsi a Milano, pur avendo la rielezione quasi garantita in tasca Come avvocato Pisapia ha difeso Ocalan, le famiglie di Carlo Giuliani e di Dax, Davide Cesare, ucciso nel 2003 da un neonazista, Scientology, Ovidio Bompressi accusato di aver materialmente ucciso il commissario Calabresi, ma anche Arnaldo Forlani nel processo di tangentopoli e gli interessi di De Benedetti nel processo Sme. Alla Camera è entrato nel ‘ 96 con Rifondazione, ne è uscito due anni dopo votando la fiducia a Prodi nel ‘ 98 ma senza seguire gli altri scissionisti del Prc nel Pdci cossuttiano, ci è tornato nel 2001, ancora con Rifondazione.
Cosa abbia in mente oggi l’ex sindaco in fondo è chiaro. I suoi sostenitori e stretti consiglieri, come Gad Lerner e Bruno Tabacci, gli stessi che lo hanno spinto e convinto a fare il gran passo e a scendere in campo su posizioni molto diverse da quelle di Renzi ma non contrapposte al ragazzo di Rignano, ripetono: «È il nuovo Prodi». Pisapia si allea con Renzi con l’obiettivo, o forse il miraggio, di battere Renzi alle primarie, di calamitare i voti di una base a cui il renzismo va stretto ma non al punto di trasmigrare su altre sponde elettorali. E’ la stessa carta che giocò a Milano, candidandosi alle primarie nel 2010 e battendo a sorpresa Stefano Boeri, il candidato dell’establishment Pd. Ma cosa farà se una tutt’altro che improbabile scissione del Pd rimescolerà tutte le carte è impossibile prevederlo. Probabilmente oggi non lo sa nemmeno lui.