La seconda volta di Giorgia al Palazzo di Vetro è molto diversa dalla prima e non solo perché Joe Biden non sarà certamente più presidente e forse al suo posto ci sarà il nume tutelare di quella destra sovranista che alla premier Meloni va ormai un po' stretta ma della quale fa comunque parte, Donald Trump. Questo è un fattore rilevante naturalmente e sarebbe ingenuo scandalizzarsene.

Tutti i capi di governo europei, in questo momento e indipendentemente dalla loro collocazione politica, devono per forza muoversi con prudenza in attesa del verdetto del 6 novembre, forse mai così incerto. Le effusioni tra la premier italiana e il miliardario Elon Musk rispondono a due esigenze distinte e sia pure a mezza bocca a Chigi lo ammettono.

C'è il versante economico, anzi tecnico-economico, che è presente e forse prevalente. Il capo del governo italiano ha bisogno degli investimenti di Tesla in Italia anche per l'indicazione a tutte le corporation all'avanguardia che garantirebbero e per l'impatto che avrebbero sull'avanzamento del Paese in quel settore chiave. Al tycoon americano serve una sponda in Europa.

L'interesse reciproco c'è tutto Ma Elon Musk è anche il ponte per arrivare a Trump senza doverlo incontrare, cioè senza dar segnali di schieramento con l'uno o con l'altro. Non è un caso, del resto, che la premier italiana abbia disertato il ricevimento offerto proprio dal presidente uscente. Del resto la premier italiana si è smarcata clamorosamente dal suo alto protettore attaccando frontalmente la sua proposta di riforma del Consiglio di sicurezza dell'Onu, criticata aspramente perché la riforma «non può prescindere dai criteri di uguaglianza, democraticità e rappresentatività. Non crediamo che esistano nazioni di serie a e di serie b».

Ma la necessità di tenersi aperte entrambe le porte, quella di Kamala e quella dell'ex presidente è solo uno dei motivi che hanno spinto Giorgia Meloni a presentarsi in modo sostanzialmente diverso dalla precedente escursione. Allora una leader ancora fortemente sospetta di eccessiva vicinanza al fronte anti-atlantista, i suoi vecchi alleati come Victor Orbàn, e sulla quale ancora pesava un po' l'ombra della passata passione per Putin, considerata fino al giorno prima non meno meritevole di cordone sanitario di Marine Le Pen, cercava il classico "sdoganamento", una piena legittimazione come leader democratica e di provata fede atlantista.

L'abbraccio di Biden le ha offerto quel semaforo verde, o almeno ha contribuito fortemente a evitare che scattasse il rosso anche in Europa. E ieri mattina (tardo pomeriggio in Italia) a rafforzare questa postura c’è stato l’incontro nella sede delle Nazioni Unite col presidente ucraino Zelensky, al quale la premier italiana ha ribadito l’appoggio militare dell’Italia «per tutto il tempo necessario».

Stavolta Giorgia l'underdog è apparsa molto più sicura, convinta di avere ormai incassato una volta per tutte le piena legittimazione nel mondo occidentale. Quindi si è presentata al mondo in una parte non diversa da quella che cerca di giocare in Europa: quella di una leader che non rinnega in nulla le sue radici di destra, le considera anzi essenziali, e tuttavia si presenta come interlocutrice credibile per tutti e ambisce visibilmente a indicare una strada non solo per l'Italia ma per l'intero occidente in crisi.

Nel ricevere dalle mani di Musk, da lei stessa scelto per la bisogna, un riconoscimento importante come il Global Citizen Award, si è lanciata in un appassionato elogio del nazionalismo e del patriottismo come soli antidoti in grado di fermare il declino di una civiltà: Make Western World Great Again. E' probabile che sulla traiettoria della Sorella d'Italia abbia inciso il contesto. Di fronte a un'avanzata ovunque della destra sovranista la prima leader di destra arrivata al governo non intende essere lasciata indietro. Allo stesso tempo, però, non ha concesso niente a quel fronte, Trump incluso, sul piano dell'antiatlantismo e della contrapposizione a Putin.

Al contrario ha ribadito puntigliosamente la sua posizione sull'Ucraina, la più vicina a quella della Casa Bianca che ci sia nel versante occidentale della Ue. L'ex underdog è più ambiziosa di quel che si credesse quando due anni fa vinse le elezioni politiche nel suo Paese. Vuole essere una statista, esportare il modello politico che sta sperimentando in Italia, imporre la sua visione di una destra conservatrice ma al passo con i tempi. Sarebbe comunque una sfida difficilissima e una scommessa azzardata. Tenendo conto della squadra che ha a disposizione per fare dell'Italia il Paese guida della nuova destra lo è anche di più. Però non si sa mai...