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Giorgetti
«Se rimandare a settembre è un escamotage per in qualche modo portarci in un terreno dove poi queste riforme non si possono più fare evidentemente non ci sta bene». Mentre Giuseppe Conte e Giovanni Tria continuano a lavorare da Osaka per convincere la Commissione almeno a rimandare la valutazione sulla procedura d'infrazione, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, ospite de L'Intervista di Maria Latella su SkyTg24, mette in chiaro le priorità con gli alleati. E la priorità assoluta per la Lega si chiama flat tax, la riforma fiscale che gli aggiustamenti richiesti dall'Europa potrebbero mettere in discussione. «Il rinvio della procedura di infrazione è come quando a scuola si viene rimandati a settembre, non ti boccio adesso ma ti posso bocciare a settembre», spiega l'esponente del Carroccio. «Non è questo il concetto, noi vogliamo semplicemente capire se le cose che questo governo vuole fare, in particolare la flat tax, la riforma fiscale, si possono fare o no. Se rimandare a settembre è un escamotage per in qualche modo portarci in un terreno dove poi queste riforme non si possono più fare perché siamo soggetti ad un altro sindacato, ad un'altra valutazione, ad un altro giudizio, evidentemente non ci sta bene», dice Giorgetti, convinto che l'unico modo per trovare una risposta a questi dubbi sia un incontro schietto tra i leader di governo. «Quello che sicuramente si deve fare anche se la procedura d'infrazione viene rinviata è che Conte, Di Maio e Salvini si guardino nelle palle degli occhi e dicano in modo inequivocabile se si vuole fare la flat tax si' o no. La procedura magari viene rinviata ma questo chiarimento nel governo è inevitabile». L'importante è evitare la procedura di infrazione «chiarendo esattamente qual era il programma di governo senza infingimenti. Penso che è quello che sta cercando di fare il presidente Conte in queste ore a Osaka». Poi Giorgetti affronta il capitolo delle cariche di peso ancora da assegnare a Bruxelles, a partire dal presidente della Commissione. Per il potente sottosegretario leghista dovrebbe essere «un personaggio che capisce il senso della storia che sta vivendo oggi l'Europa e che capisce che l'Europa deve riscrivere in qualche modo le regole ma anche probabilmente il suo dna, altrimenti è condannata a implodere in se stessa. Quindi qualcuno che abbia una visione illuminata, che non si perda magari nei dettagli dell'applicazione di questo o quell'altro codicillo, ma che dia un respiro diverso a questa prospettiva. Questo è quello che dovrebbe essere oggi un presidente della Commissione europea». Sui nomi però Giorgetti evita di sbilanciarsi, ma concede: «Su Draghi non dico niente, poi dicono che è mio amico, che sono servo dei poteri forti, è evidente che è uno che metterebbe a tacere tutti quanti gli altri candidati».