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Un governo Gentiloni ( che ha giurato ieri sera al Quirinale) fotocopia di quello di prima esattamente non è, ma all’ 80 per cento rimasto uguale a quello di Matteo Renzi sì. Ma visto che anche i ministeri non solo si contano ma si pesano, c’è da dire che Renzi incassa una sconfitta con il mancato ruolo centrale che lui auspicava per il suo fedelissimo, considerato più che Maria Elena Boschi, vero guardiano del renzismo, Luca Lotti che resta al governo ma come ministro dello Sport. Quindi niente delega ai servizi segreti restando sottosegretario alla presidenza del Consiglio, un ruolo che Gentiloni e sembra anche Delrio avrebbero mal sofferto, in quanto si sarebbero così sentiti commissariati da Renzi attraverso Lotti. La delega ai servizi resta al nuovo premier.
Ma l’ex premier e segretario del Pd continua restare il potente azionista di maggioranza che intende staccare il prima possibile la spina per andare a « elezioni imminenti » ( così le vede, come ha detto ieri alla direzione del partito) al governo Gentiloni. E come guardiana del renzismo in un posto chiave, come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio incarico al quale Gentiloni la proporrà, resterà l’ex ministro Boschi. Quindi, «Paolo tanti auguri di cuore» , ma, appunto, attenzione. Renzi ha tracciato chiaramente la sua road map ( congresso anticipato, anche se su questo ha lasciato che si esprima l’assemblea del Pd sabato prossimo) con la mission di tornare al posto di Gentiloni a Palazzo Chigi il prima possibile. Il capogruppo a Montecitorio Rosato ancora più esplicito: «Paolo tanti auguri, ma questa legislatura è esaurita, mancando la spinta propulsiva per le riforme» . Ma il discorso di Gentiloni, che sul suo cammino trova già la mina del veto di Ala di Verdini il quale, rimasto senza posti al governo, ha già negato la fiducia con un colpo di scena che rende ora meno sicura la maggioranza al Senato, non sembra che guardi a elezioni almeno a marzo o inizio aprile, come a Renzi piacerebbe di più. Si farebbe più concreto il traguardo di giugno, dal momento che il nuovo premier, ex ministro degli Esteri, ha parlato dell’importanza delle scadenze internazionali. E tra queste c’è il G7 a Taormina a fine maggio.
La paura dei renziani è che poi allungare la durata del governo da lì all’autunno, se non alla scadenza naturale del 2018, potrebbe farsi più facile. Gentiloni ha parlato di impegno «da qui ai prossimi mesi» anche per garantire politiche e decisioni per affrontare «il disagio del ceto medio e del Mezzogiorno» . In questo è parso mandare un segnale alla minoranza bersaniana del Pd che in un documento ha invitato il nuovo governo a «nuove politiche sociali» e che, pur dando il via libera in direzione a Gentiloni, ha detto che voterà a seconda dei provvedimenti che saranno presentati. C’è però anche da dire che il nuovo premier è stato ben attento a sottolineare che lui si muoverà «in continuità con la politica dell’innovazione del governo Renzi» . Ma intanto il ministero delle Riforme non c’è più, al posto di Boschi, madrina del referendum bocciato, andrà Anna Finocchiaro, ma solo come ministro dei Rapporti con il Parlamento, l’altra delega che aveva Boschi. Finocchiaro come la ormai ex vicepresidente del Senato Valeria Fedeli all’Istruzione sono le new entry del governo Gentiloni. Nuovi ingressi significativi e visti in chiara discontinuità con il renzismo, visto che entrambe vengono dall’ex Pci- Pds- Ds. Entrambe un tempo vicine a Massimo D’Alema e a quel Marco Minniti ( in particolare Fedeli) che assume il ruolo di ministro dell’Interno dopo non averla data vinta a Lotti, che gli voleva strappare la delega ai servizi segreti. Minniti era il sotto segretario con questo delicato ruolo. Del governo Renzi sono confermati i seguenti ministri, che sono la maggioranza dell’esecutivo, alcuni però spostati di incarico: Poletti che resta al Lavoro; Calenda allo Sviluppo economico; Madia resta alla Semplificazione; Padoan al Tesoro; Franceschini ai Beni culturali; Orlando alla Giustizia; De Vincenti al nuovo dicastero Sud e Coesione territoriale; Enrico Costa ( Ncd) agli Affari regionali; Pinotti resta alla Difesa; Martina all’Agricoltura; Delrio alle Infrastrutture e Trasporti; Galletti confermato all’Ambiente; Lorenzin ( Ncd) confermata alla Salute. «Tutte nomine di persone perbene», chiosa Giacomo Portas, leader dei Moderati alleati del Pd. Renzi dunque mantiene quasi l’ 80 per cento dei ministri, ma di renzismo puro restano solo Boschi e Lotti però allo Sport.
C’è chi dice che le conferme avute da Orlando, Franceschini e Martina sarebbero state caldeggiate dall’ex premier per tenersi buone le correnti principali del corpaccione centrale del Pd in vista del congresso anticipato. Ma proprio per questo uno dei leader della minoranza, Gianni Cuperlo, il più dialogante, l’altro ieri avrebbe già detto di no al ministero dell’Istruzione. Da alcuni è stato già visto come un segno del fatto che Cuperlo voterà contro Renzi al congresso. Ora Bersani vorrebbe, insieme a Franceschini e Orlando, stoppare l’ex premier che corre già verso il congresso anticipato. Gossip che però si spargono nel giorno della formazione del nuovo governo in cui La Nazione- Resto del Carlino ha riportato una esternazione che sarebbe stata rubata in cui Renzi avrebbe detto, rispetto al nascituro governo Gentiloni, che a lui «la palude stile Prima Repubblica non piace. Cosa che non è stata smentita in direzione e che tra giovani turchi e franceschiniani sarebbe stata vissuta come “un tentativo di delegittimare Paolo”» . Qualcuno avrebbe detto: « Ora qui dobbiamo governare noi Renzi» .
Ma al di là dei mal di pancia interni, Renzi si fa forte del fatto che al momento il Pd non ha in campo un altro candidato più forte di lui, che, ha ribadito, vuole correre al congresso e poi per la premiership forte di quel 41 per cento dei Sì al referendum. Certo, se vuole fare una nuova cosa, Verdini lo ha boicottato oppure, come dicono i maligni, in realtà aiutato rendendo così più fragile il governo per poter andare a quelle elezioni tra marzo e aprile che Renzi fortemente vorrebbe? La spiegazione prevalente nel Pd è che in realtà così, di fatto, Verdini avrebbe aiutato invece Gentiloni, perché con un ministro di Ala già molti parlamentari dem minacciavano di non votare la fiducia. Il conte- premier Gentloni Silverj sembra chiaro abbia dato un calcio a Lotti e al lottismo di governo con Verdiuni. Ma il veto di Ncd, il cui leader Alfano ha traslocato dal ministero dell’Interno a quello degli Esteri, a elezioni a breve è fortissimo. Dice Fabrizio Cicchitto a Il Dubbio: «Quelli che sostengono le elezioni anticipate sono solo utili idioti dei grillini. Quanto a Salvini, le chiede ma solo in chiave antiberlusconiana, perché Berlusconi è ancora ineleggibile» . E se Gentiloni ora avesse bisogno proprio di FI in Senato?
PAOLA SACCHI