Matteo Renzi, Riccardo Magi e Carlo Calenda, i tre grandi sconfitti delle scorse Europee ( assieme, almeno in parte, a Giuseppe Conte) stanno in questi giorni decidendo su cosa fare da grandi, ovvero come ripartire dopo il fallimento per evitare la scomparsa totale. E nel farlo stanno prendendo strade diverse. La prima è quella di Magi, che, solo pochi giorni dopo il flop europeo ha deciso di presenziare, parlare, e farsi fotografare con gli altri leader alla manifestazione del campo largo in piazza Santi Apostoli a Roma contro premierato e autonomia differenziata. Una scelta di campo ribadita poi con la partecipazione al Pride e al convegno organizzato dall’Anpi a Bologna, presenti anche Schlein, ConteFratoianni e Bonelli. Convegno che ha riacceso la polemica tra le diverse anime centriste, con Calenda che ha risposto per le rime a chi gli chiedeva conto della mancata partecipazione

 «Non mi ci vedi e non mi ci vedrai su un palco con filoputiniani antioccidentali e filo integralisti - scrive il leader di Azione a un utente di X - Perché? Perché sono la quinta colonna dei fascisti più pericolosi che ci sono al mondo. Ma siete talmente malati di doppia morale da non rendervene neppure conto». Da Calenda netto anche il rifiuto all’idea di un fronte popolare democratico da proporre in Italia sulla falsa riga di quello che in Francia è stato messo in piedi per contrastare l’avanzata della destra di Le Pen. «Sulle cose concrete lavoreremo sempre insieme perchè è nostro dovere essendo all’opposizione. Se viceversa ci mettiamo a fare i comitati di liberazione nazionale o i referendum che al 99,99% vengono bocciati, perché la Schlein non si può fare scavalcare da Landini a sinistra, è una cosa che non si può vedere», ha commentato.

Una posizione in netto contrasto con quella di Magi, che apre invece a un confronto con i diversi partiti dell’area progressista in chiave anti Meloni. «Tante cose ci dividono dall’Anpi e da alcuni partiti che erano su quel palco - ha spiegato al Foglio - Io sono stato il primo con un ruolo istituzionale ad andare in Ucraina a marzo 2022 ma l’invito che faccio è di sfuggire dal rischio di essere i più ideologici di tutti, mentre i liberali dovrebbero ambire a condizionare gli schieramenti. In economia non abbiamo le posizioni di Avs, e sulla giustizia molte cose ci dividono dal Pd. Ma proviamo a parlarci per vedere se ci sono le condizioni per costruire un’alternativa credibile a questa maggioranza corporativa e anti- europea. Manca ancora qualche anno alle elezioni, credo sia la cosa giusta da fare».

Nel mezzo, come suo solito, si schiera Matteo Renzi, che ieri ha accolto con favore l’apertura al centro fatta dalla segretaria dem Schlein. Secondo l’ex presidente del Consiglio Iv deve decidere «cosa fare da grande», scegliendo tra la creazione di una Margherita 2.0, cioè un centro che guarda a sinistra, e un nuovo tentativo i dar vita al fu terzo polo, in questo con nomi diversi dal suo e da quello di Calenda. Cioè quello che vorrebbero fare Enrico Costa e Luigi Marattin, con la loro raccolta firma per la nascita di un nuovo soggetto liberal democratico.

Ma forse Renzi propende per la prima scelta, visti i commenti positivi all’apertura fatta da Schlein, definito «un percorso intelligente» da Renzi ricordando che «nel 2022 l’accordo fra Partito Democratico e Italia Viva non si fece per una precisa scelta di risentimento personale di Enrico Letta». Quel che è certo è che il cantiere per la costruzione di un nuovo centrosinistra è ancora tutto da impostare.