Sarà necessario un incontro ai massimi livelli, per trovare una soluzione all'impasse politica che si è venuta a creare nella giunta regionale del Lazio, guidata dal fedelissimo meloniano Francesco Rocca assieme alla Lega e a Fi. Un'impasse che sa molto di crisi, visto che nella giornata di ieri è stata fatta filtrare la notizia che è imminente un faccia a faccia tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il segretario azzurro Antonio Tajani per dirimere la questione. «Prima o poi da qualche parte doveva succedere», si commenta nei capannelli di Palazzo tra chi ben conosce i meccanismi della politica, e quello che sta avvenendo all'ombra del Colosseo è un campanello d'allarme da non sottovalutare per la stabilità del centrodestra, proprio perché è l'esito di una tendenza non certo limitata al suolo laziale ma in atto in tutto il Paese. Sono sempre di più, infatti, gli eletti e i quadri politici che hanno scommesso sulla crescita di Forza Italia nei prossimi mesi, confidando sul fatto che la scelta operata da Tajani (e dai suoi azionisti di Cologno Monzese) di smarcarsi dagli alleati con una linea più centrista e liberale sarà vincente in termini di consensi, come testimoniato già dal sorpasso ai danni della Lega in occasione delle Europee e dagli ultimi sondaggi, che indicano Fi saldamente al secondo posto nelle gerarchie del centrodestra.

Tutto ciò sta determinando già da ora dei cambi di casacca da parte di esponenti di altre forze politiche, a beneficio degli azzurri. A livello nazionale, in questa prima fase di legislatura sono già quattro, tra Camera e Senato, i parlamentari approdati nel gruppo azzurro, provenienti prevalentemente dal M5s. Finché questo tipo di passaggi ingrossano le fila della maggioranza, il problema è relativo, ma quando i passaggi sono interni al centrodestra, la situazione rischia di deflagrare, ed è esattamente quello che sta accadendo nel Lazio, dove in un lasso di tempo relativamente breve Forza Italia è passata da tre a otto consiglieri regionali, a discapito soprattutto della Lega, che era partita alla pari con gli azzurri ma si ritrova ora con un solo rappresentante in Consiglio, essendo stata di fatto “svuotata” dagli uomini del potente coordinatore regionale azzurro Claudio Fazzone. Che ora reclama maggiore potere di fronte a Fratelli d'Italia, tanto che nei giorni scorsi si è tenuto un vis-à-vis col luogotenente meloniano Paolo Trancassini per tentare un appeasement, senza alcun esito.

Nella vicenda laziale, infatti, è emerso un elemento finora ben dissimulato da Tajani, e cioè la volontà degli azzurri di erodere posizioni di potere agli alleati, mettendo sul tavolo la crescita elettorale e il numero considerevole di nuovi acquisti. Nella fattispecie, il partito di Tajani ha chiesto un assessorato in più (rispetto ai due attuali), facendo capire di puntare a deleghe di peso come l'Urbanistica (ora in mano alla Lega) o i Lavori Pubblici (detenuti da FdI), arrivando addirittura a ventilare degli appetiti sulla Sanità, “regno” del governatore ed ex-presidente della Croce Rossa Rocca. Fi, inoltre, avrebbe chiesto anche la presidenza del Consiglio regionale, innescando così la reazione stizzita sia dei meloniani che dei salviniani, i quali vedono a rischio l'unico assessorato in loro possesso. Anche FdI è contrariata, e al malumore di via della Scrofa contribuiscono vicende come quella di un altro cambio di casacca che ha fatto rumore: quello della consigliera comunale capitolina Rachele Mussolini, approdata alla corte di Tajani per presunte incompatibilità politiche coi meloniani.

Sul fronte Lega, i passaggi verso Fi si sono verificati prevalentemente in Lombardia e a Milano, senza contare l'apertura di una corrente nordista azzurra (“Forza Nord”) coordinata dall'ex-bossiano Reguzzoni, col dichiarato intento di creare problemi a Salvini. Ecco perché quello che sta accadendo nel Lazio potrebbe anticipare problemi ben più rilevanti a un livello più elevato, ed ecco perché si rende necessario un intervento della premier e dei leader nazionali per scongiurare l'escalation.