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Il ministro degli esteri Antonio Tajani - Roma, 3 Dicembre 2024 (foto Cecilia Fabiano/LaPresse)
Si apre un altro fronte polemico, nel già decisamente tormentato panorama della politica giudiziaria. Nei giorni che vedono proseguire senza sosta lo scontro tra maggioranza e toghe sulla vicenda Almasri e che hanno fatto segnare un ritorno di fiamma del contenzioso sui trattenimenti nei centri albanesi dei richiedenti asilo, a completare il quadro ad alta tensione è arrivato anche un argomento che sembrava definitivamente uscito dai radar: l'immunità parlamentare.
A scatenare un bailamme di reazioni polemiche nelle fila dell'opposizione è stata l'ipotesi, ventilata dal capogruppo di Forza Italia in commissione giustizia alla Camera, Tommaso Calderone, di presentare una proposta di legge che ripristini – grosso modo – la formulazione originaria dell'articolo 68 della Costituzione, che regolava i casi in cui parlamentari e membri del governo erano coperti da immunità. Come è noto, l'articolo 68 fu modificato in senso restrittivo in piena bufera Tangentopoli sotto la pressione dell'opinione pubblica, e l'episodio decisivo in questo senso fu la mancata concessione dei deputati dell'autorizzazione a procedere per Bettino Craxi nell'estate del 1993, che provocò le dimissioni di alcuni ministri di sinistra del neonato governo Ciampi in segno di protesta.
Prima della riforma, la richiesta di autorizzazione a procedere per i parlamentari era necessaria anche per il solo avvio di un procedimento penale, quindi per l'avvio di un'indagine. Per i ministri valeva la legge costituzionale 1 del 1989, che prevedeva eguali restrizioni e, per i membri del governo non eletti in Parlamento, la richiesta era da inoltrarsi al Senato. Dopo il caso Craxi una legge costituzionale approvata nell'ottobre del 1993 ha mantenuto la necessità di richiedere l'autorizzazione da parte dei magistrati solo per ordinanze di arresto nel corso delle indagini e per l’utilizzo delle intercettazioni.
Ora, la polemica incandescente seguita all'avvio di un'indagine sulla premier Giorgia Meloni e altri tre membri dell'esecutivo ha riaperto il dibattito sulla discrezionalità dei giudici nell'avviare procedimenti a carico di ministri, che peraltro si era esaurito dopo la sentenza di assoluzione per Matteo Salvini nel processo Open Arms. A tornare alla carica, proprio nel venticinquennale della morte di Bettino Craxi, è stata Forza Italia: «Credo che in questo momento storico», ha affermato Calderone, «non sia più un tabù discutere di immunità». «Io ritengo», ha proseguito Calderone, «che sia corretto nel contesto storico in cui noi ci troviamo e in cui è inutile negare che ci sia una parte politicizzata della magistratura, ripristinare le garanzie previste fino al 1993. Il mio è un ragionamento che deve coinvolgere necessariamente una larga maggioranza e comunque è un argomento di discussione quanto mai attuale».
All'interno del suo partito, l'idea non è dispiaciuta e molti parlamentari azzurri hanno tenuto a farlo sapere: per Pierantonio Zanettin, capogruppo in commissione Giustizia al Senato, «è stato un errore della politica quello di contraddire il principio dei nostri padri costituenti secondo cui, nella logica della separazione dei poteri, l’immunità parlamentare ci sta tutta. Se adesso, maturati i tempi, si vuole tornare indietro io sono assolutamente favorevole». Favorevole anche la Lega, proprio in virtù della vicenda giudiziaria che ha coinvolto Salvini e di quello che è accaduto a Meloni con la denuncia per il caso Almasri, ma a predicare prudenza è il segretario azzurro Antonio Tajani, il quale pur dichiarandosi in linea di principio favorevole all'ipotesi della piena reintroduzione dell'immunità, aggiunge che in maggioranza non se n'è mai parlato e che sarebbe comunque di un iter lungo e complesso, trattandosi di una legge costituzionale.
E stando anche ai segnali che giungono da Palazzo Chigi appare molto improbabile che Meloni sia disposta a impegnarsi in una battaglia considerata impopolare, soprattutto nel momento in cui l'attenzione della presidente del Consiglio è concentrata sul dossier separazione delle carriere. Una posizione indirettamente confermata dal fedelissimo Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, per il quale «non c’è motivo» di cambiare le norme.
Nonostante ciò, il solo fatto di ipotizzare un ritorno all'antico per l'immunità parlamentare è risuonato per le opposizioni come un invito a nozze. Ad attaccare per primo è stato il leader del M5s Giuseppe Conte: «Dopo il ripristino dei vitalizi al Senato», ha scritto sui social, «l’abolizione del reato per i politici che abusano del loro potere, l’aumento degli stipendi dei Ministri e la imbarazzante difesa della Ministra Santanchè tenuta incollata alla poltrona, ecco che ci provano con l’immunità e il ritorno di uno scudo che renda intoccabili esponenti del Governo ed eletti! Questi qui sono in pieno delirio di onnipotenza». Anche dal Pd sono giunte voci decisamente contrarie, come quelle di Walter Verini, che ha definito la proposta di Calderone «non solo irricevibile, ma non tiene minimamente conto del sentimento del Paese».