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Abitano tutti nelle cinque palazzine “ex Cirio”, dal nome dell’azienda che un tempo occupava il panorama sul lungomare di Mondragone. E siccome il destino sa essere beffardo, sono per lo più braccianti che vivono grazie ai 3-4 euro all’ora guadagnati raccogliendo pomodori e altri ortaggi nei campi del Domiziano. Impossibilitati a uscire di casa per mesi e rimasti senza quello che non può nemmeno essere chiamato lavoro, hanno deciso di protestare contro le proprie condizioni di vita al limite della dignità umana, che hanno contribuito a sviluppare un focolaio di 43 casi di coronavirus. In quell’alveare di palazzi sono accampati rom, bulgari, romeni e italiani in difficoltà economica, ammassati tra materassi fatiscenti e misure igienico-sanitarie ridotte al minimo. Pagano tutti affitti in nero a italiani che da anni sfruttano la situazione senza che nessuno intervenga. «Ricordo bene quando i palazzi furono costruiti – ha spiegato Vincenzo De Lisa, ex ingegnere capo del Comune di Mondragone per oltre 20 anni – perché noi allora giovani professionisti ci lamentammo del fatto che, portati da sei a undici piani, quegli edifici non avevano nulla a che fare con una città tipicamente turistica». L’allora sindaco Camillo Federico rispose loro che invece quei palazzi erano innovativi come le vele di Scampia. La realtà è che lì dentro non si possono rispettare le distanze, il caldo che passa attraverso il cemento fa sudare come nei campi e il virus ha trovato terreno fertile per circolare indisturbato. Fino a che le istituzioni sono corse ai ripari. Il perimetro degli edifici è diventato zona rossa, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha inviato una cinquantina di militari dell’esercito e la Asl ha effettuato 743 tamponi, compresi quelli su 19 bulgari e rom che si erano resi irrintracciabili. “Presumibilmente erano andati nella piana del Sele, nel Salernitano, dove c’è un’altra piccola comunità di bulgari – ha detto Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania – Siamo riusciti a individuarli tutti e i tamponi sono negativi”. Il presidente uscente e ricandidato per le elezioni regionali di settembre ha spiegato che nove dei 43 positivi vivono nelle palazzine di italiani, mentre il resto in quelle abitate da bulgari e rom. De Luca si è detto anche pronto a chiudere l’intera cittadina del casertano nel caso in cui i positivi dovessero aumentare ancora, ma ha sottolineato che «la Regione fa le ordinanze, ma poi sono le forze dell’ordine a doverle far rispettare, e a Mondragone questo non è accaduto». Per fronteggiare la situazione sono stati installati due punti di raccolta, in piazza Crocetta e in piazza Falcone, per effettuare tamponi in maniera volontaria alla popolazione di Mondragone, mentre il sindaco Virgilio Pacifico incontrava in municipio il console bulgaro Ermelina Peycheva e invitava i suoi concittadini a sottoporsi al test. La tensione è esplosa quando decine di bulgari e rom sono usciti di casa e gruppi di residenti hanno occupato la strada attorno alle palazzine gridando «Mondragone siamo noi». Sedie di legno sono volate dai balconi degli edifici. Un furgoncino con targa bulgara è stato colpito da una molotov e dato alle fiamme. Un poliziotto è rimasto ferito nel corso delle prime proteste. Il focolaio di coronavirus ha fatto emergere problemi che De Luca ha sintetizzato definendo la situazione «incancrenita da anni, rispetto alla quale un po’ tutti hanno girato la testa dall’altra parte». Un deja vu comune a molte, troppe zone d’Italia dove caporali senza scrupoli sfruttano la manodopera di chi arriva nel nostro Paese, che sia dal Nordafrica o dall’est Europa, per dare un futuro ai propri figli. Ma la destra non ci sta: il deputato di Fratelli d’Italia Edmondo Cirielli ha definito De Luca «uno sceriffo che ha fallito», da Forza Italia Maurizio Gasparri lo ha apostrofato come «inadeguato a governare la Campania» e il leader della Lega Matteo Salvini ha annunciato la sua presenza a Mondragone lunedì. Mentre la politica dibatte e s’interroga sulle misure da prendere, si teme per la tensione sociale creatasi negli ultimi giorni e per il futuro economico della zona. «Piovono disdette, il rischio è che la stagione sia ormai compromessa», ha spiegato Salvatore Brodella, delegato locale del Sindacato italiano balneari. Brodella ha uno stabilimento sul lungomare, dove la bellezza del litorale cozza con i palazzi dell’ex fabbrica che si stagliano a pochi metri dalla spiaggia. Cemento aspro, ruvido, incandescente. Come queste ore di rivolta a Mondragone, culla di ricchezza agroalimentare dove la voce stridente della politica si è dimostrata insufficiente a sanare un cortocircuito in corso da anni. E dove l’esasperazione dei residenti si mischia oggi alla disperazione degli sfruttati.