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Si conoscerà domani il nome del nuovo comandante generale dell’Arma dei carabinieri. Il sessantesi- mo dal 1814, anno in cui per volontà del re Vittorio Emanuele I venne fondato il “Corpo dei carabinieri rea- li”. La nomina è già all’ordi- ne del giorno del Consiglio svolto dal ministro dell’Interno Marco Minniti e dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che avrà anche l’ultima parola dovendo firmare il decreto di nomina.
Come sempre capita in queste occasione, regna l’incertezza. Al momento, salvo colpi di scena dell’ultima ora, sono cinque i nomi i in lista. Vincenzo Coppola, vice comandante generale e quattro dei cinque comandanti interregionali: Riccardo Amato, Ilio Ciceri, Giovanni Nistri e Luigi Robusto. Tutti generali di altissimo profilo e di grande esperienza. Coppola, classe 1954, il più anziano. Nistri, classe 1956, il più giovane.
Per effetto della legge di riforma voluta dall’allora governo D’Alema che nel 2000 elevò l’Arma al rango di Forza armata, il comandate generale dal 2004 proviene dalle file della Benemerita. Prima la scelta ricadeva su un generale dell’Esercito a cui i carabinieri erano legati. L’incarico di Del Sette scadrà ufficialmente il prossimo 15 gennaio. Originariamente doveva cessare lo scorso anno per sopraggiunti limiti di età. Una proroga, voluta dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni proprio all’indomani della notizia del coinvolgimento del generale nell’inchiesta Consip, aveva però allungato il mandato di Del Sette di dodici mesi.
Per evitare il ricorso alle proroghe, una modifica al codice dell’ordinamento militare della scorsa estate ha previsto che il mandato del comandante generale dell’Arma abbia durata triennale senza tener conto dall’anagrafe. Nel caso venisse nominato Coppola, ad esempio, resterebbe alla guida dell’Arma anche oltre il compimento dei 65 anni, età massima prevista per il trattenimento in servizio dei generali.
Del Sette, suo malgrado, sarà ricordato proprio per l’indagine Consip che ha travolto il “Giglio magico” ed il Noe, uno dei reparti di punta dell’Arma, con i suoi ex vertici accusati di aver taroccato le investigazioni in danno del padre dell’ex premier Matteo Renzi. Il generale, attualmente indagato dalla procura di Roma per rivelazione del segreto d’ufficio in uno dei filoni Consip, è poi da diversi mesi alle prese con due grandi problemi di carattere ordinamentale. Il primo riguarda la discussa riforma Madia che ha sciolto il Corpo forestale dello Stato, accorpandone il personale ai carabinieri.
Il secondo è il riordino delle carriere del personale, un provvedimento atteso da anni e che ha creato migliaia di scontenti. In particolar modo fra i marescialli che, oltre ad inondare i tribunali amministrativi di ricorsi, si sono rivolti al Codacons.
Per quanto attiene lo scioglimento del Corpo forestale, il Tar dell’Abruzzo ha inviato ad agosto gli atti Consulta per verificare se sussistano profili di incostituzionalità. Questioni, su cui nessuno azzarda previsioni, che dal prossimo mese saranno sul tavolo del nuovo comandante generale.