Il tema del fine vita torna al centro del dibattito pubblico con l’annuncio di una mobilitazione nazionale il 5 aprile, promossa dall’Associazione Luca Coscioni per sostenere una legge nazionale che regolamenti il diritto all’eutanasia e al suicidio assistito.

A darne notizia è stato Marco Cappato, oggi in piazza Montecitorio per illustrare le iniziative dell’Associazione e fare il punto sulla situazione nelle diverse regioni. «Una legge in Parlamento sì, ma per ampliare i diritti, non per restringerli», ha dichiarato Cappato, sottolineando l’importanza di superare le disparità territoriali.

La manifestazione coinciderà con l’avvio della campagna di raccolta firme in Umbria, guidata da Laura Santi, per una proposta di legge regionale sul fine vita.

Dibattito aperto tra politica e istituzioni religiose

La presa di posizione dell’Associazione Coscioni arriva in un contesto di forte contrapposizione tra le forze politiche e il mondo religioso. Padre Virginio Bebber, presidente dell’Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari), ha ribadito l’opposizione della Chiesa a qualsiasi forma di eutanasia, sostenendo invece il rafforzamento delle cure palliative. «Siamo pronti ad accogliere nei nostri hospice chi si avvicina alla fine della vita, offrendo assistenza e cure per lenire la sofferenza», ha dichiarato.

Bebber ha poi espresso preoccupazione per la legge sul fine vita approvata dalla Regione Toscana, definendola «una sconfitta per tutti». Ha inoltre difeso la libertà delle strutture sanitarie religiose di operare secondo principi etici propri, senza imposizioni da parte dello Stato.

Ronzulli (FI): «Il Parlamento ha il dovere di legiferare»

Sul piano politico, la vice presidente del Senato Licia Ronzulli (Forza Italia) ha sollecitato un intervento legislativo: «Il Parlamento ha il dovere e la responsabilità di approvare una legge equilibrata e rispettosa della volontà di ciascuno».

Ronzulli ha messo in guardia contro il rischio di un “Far West” normativo, con regioni che adottano soluzioni diverse e tribunali chiamati a pronunciarsi caso per caso: «Non possiamo lasciare questa materia nell’incertezza giuridica», ha sottolineato.