La Toscana è la prima regione in Italia ad approvare la legge sul fine vita, sei anni dopo la storica sentenza 242 della Consulta che regola l’accesso al suicidio assistito in assenza di una norma nazionale. 

Il Consiglio regionale ha approvato a maggioranza (27 favorevoli 13 contrari 0 astenuti un voto non espresso) la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dall’associazione Luca Coscioni con la campagna “Liberi Subito” e supportata da oltre 10mila firme con l’obiettivo di definire tempi e procedure per l’aiuto medico alla morte volontaria. «È una legge di civiltà perché impedisce il ripetersi di casi – da ultimo quello di Gloria, proprio in Toscana – di persone che hanno dovuto attendere una risposta per mesi, o addirittura per anni, in una condizione di sofferenza insopportabile e irreversibile», spiega Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell’Associazione.

«Le regole approvate in Toscana – prosegue – consentono la piena attuazione della sentenza della Corte costituzionale “Cappato - Antoniani”, che ha legalizzato in Italia il cosiddetto “aiuto al suicidio” a determinate condizioni. Il voto del Consiglio regionale è stato dunque possibile grazie all’azione di disobbedienza civile di Marco Cappato, oltre che alla firma di 10.700 cittadine e cittadini della Toscana che hanno attivato lo strumento della legge di iniziativa popolare». 

Di “un salto di civiltà che la Toscana compie per prima rispetto alle altre Regioni e al Parlamento”, ha parlato anche il presidente della Toscana Eugenio Giani prendendo la parola nell’aula del Consiglio regionale dopo le dichiarazioni di voto. L’obiettivo dell’Associazione Coscioni, ora, è che la legge sia approvata in tutte le Regioni, in modo da garantire tempi e procedure certe su tutto il territorio. Le modalità e i quattro requisiti di accesso al suicidio assistito sanciti dalla Consulta nel 2019, infatti, devono essere verificati dal Servizio Sanitario Nazionale secondo gli articoli 1 e 2 della legge 219/17 sulle Dat (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), previo parere del comitato etico territorialmente competente. Ma in assenza di leggi regionali che indichino in quanto tempo le verifiche debbano essere effettuate, i pazienti – affetti da patologie irreversibili e in stato di sofferenza fisica o psicologica intollerabile – restano in molti casi in attesa di una risposta che non possono permettersi di aspettare. 

Il primo a provarci era stato il Veneto di Luca Zaia, che nel 2024 ha discusso e “bocciato” la legge firmata da oltre 9mila cittadini e sostenuta dallo stesso governatore. In Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Friuli Venezia Giulia le proposte sono state rinviate in commissione.