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La Segretaria Elly Schlein alla direzione nazionale del PD
Finirà molto probabilmente come spesso, se non sempre, accade nel gruppo Pd al Parlamento europeo. Cioè con tre voti diversi, tra chi sarà a favore, chi si asterrà e chi voterà contro. Perché la risoluzione di oggi sulla Difesa comune, che ha ampi riferimenti al piano ReArmEu messo in piedi dalla presidente Ursula von der Leyen, e anzi in un passaggio si parla di «supporto» specificando che ti tratta di «un primo passo importante», piace a diversi europarlamentari dem, viene osteggiato da altri, e altri ancora, compresa la segretaria Elly Schlein, non sanno bene come muoversi.
E se nel momento in cui scriviamo va per la maggiore l’ipotesi dell’astensione come indicazione data dal Nazareno all’intero gruppo, è già sicuro che alcuni voteranno comunque a favore, a partire dalla vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, la quale ieri ha ricevuto messaggi di solidarietà bipartisan per gli ignobili insulti ricevuti in tv dal propagandista putiniano Vladimir Solovyev.
Ma altri, dall’ex sindaco di Bergamo Giorgio Gori al già assessore milanese Pierfrancesco Maran, voteranno convintamente a favore, mentre riflessioni sono andate avanti per tutta la giornata di ieri tra quegli ex amministratori locali come il già sindaco di Pesaro Matteo Ricci e il campione delle preferenze alle Europee Antonio Decaro. Probabile il voto contrario, a prescindere dall’indicazione del Nazareno, di Marco Tarquinio, mentre il presidente del partito Stefano Bonaccini potrebbe votare a favore con l’ex presidente del Lazio Nicola Zingaretti che invece punta all’astensione. Insomma, ci sono almeno tre posizioni diverse in seno al Pd, che tuttavia costituendo la delegazione più ampia nel gruppo dei Socialisti non può permettersi scivoloni.
Ecco perché lo stesso gruppo Socialista, capitanato dagli spagnoli del Psoe ai quali i dem hanno lasciato la presidenza, hanno cercato nelle scorse ore di far limare il testo per permettere al Pd quantomeno di astenersi e non di votare contro. Un atteggiamento che stona, quello dem, di fronte alla barra dritta che sta tenendo il premier spagnolo Pedro Sanchez, che sostiene il piano von der Leyen assicurando a Yolanda Diaz, ministra del Lavoro eleader di Sumar, partito di sinistra coalizzato con il Psoe, che un aumento della spesa per la difesa «non andrebbe assolutamente a ridurre la spesa sociale, che è una politica chiave e prioritaria del governo».
Proprio la delegazione spagnola, guidata da Iratxe Garcia Perez, si è battuta perché nella risoluzione, che sarà condivisa con Ppe e Liberali, fosse spiegato perché bisogna aumentare gli aiuti all’Ucraina sottolineando che «i soli aumenti della spesa nazionale, senza risolvere i problemi di coordinamento, potrebbero peggiorare le cose». Difficile dunque per europarlamentari come Brando Benifei e Irene Tinagli votare contro, ma resta il dubbio sui parlamentari più vicini a Schlein, da Camilla Laureti a Sandro Ruotolo, fino ad Annalisa Corrado.
Di certo, una spaccatura del gruppo non farebbe fare una bella figura al Nazareno, che tuttavia deve anche tenere conto degli alleati in Italia. Con la protesta messa in atto ieri a Strasburgo, Giuseppe Conte ha fatto capire chiaramente anche in Europa da che parte sta il M5S, il cui gruppo voterà compatto contro la risoluzione. Lo stesso faranno gli europarlamentari eletti con Avs, che si sono poi divisi nei gruppi Verdi e The Left.
Ma il pressing su Schlein è sempre più forte, e si è alimentato li scorsi giorni delle prese di posizioni di alcuni pezzi da 90 del partito, da Romano prodi a Paolo Gentiloni, fino a Enrico Letta. E se qualcuno ipotizza anche un cambio di leadership al Nazareno, la risposta è arrivata dall’ex presidente della Camera Laura Boldrini. «Elly Schlein ha portato il Pd dal 14% al 24%, chi vuole cacciare una leader che fa questi numeri ha un problema», ha detto ieri. Giusto per far capire che aria tira.