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Se le chiedono cosa facesse nella primavera del 1974, quando i radicali di Marco Pannella erano impegnati a tempo pieno per la elezioni che avrebbero siglato la loro più importante e incisiva vittoria, il referendum sull'aborto, Emma Bonino, la radicalissima, non saprebbe cosa rispondere. Di politica s'impicciava poco, pur essendosi da poco laureata con una tesi su Malcolm X. I cortei del '68 li aveva visti dalla finestra. Lei stessa, ragazza borghese e per sua stessa definizione "perfettina", nata a Bra, provincia di Cuneo, da una famiglia cattolica proprietaria di un'azienda agricola passata poi a un più redditizio commercio di legname, ammette che neppure ricorda bene come votò in quel referendum.La missione politica della sua vita la scoprì per caso. Più precisamente per l'errore di un ginecologo che la aveva diagnosticata sterile. Nessun bisogno di precauzioni, quindi, però il medico sbagliava e nel 1974, a 26 anni, Emma si ritrovò incinta. Lo stesso medico, pur sconsigliando la grave scelta, si offrì di assisterla nell'aborto: «Fa un milioncino tondo». Emma preferì ripiegare sull'Aied, a Firenze, e affidarsi alla rete composta in buona parte da militanti del Partito radicale, che praticavano la disobbedienza civile aiutando le donne che volevano abortire senza battere a cassa.Segnata dall'esperienza personale, iniziò a dare anche lei una mano all'Aied e quando lesse che Adele Faccio, dirigente radicale di prima grandezza, aveva aperto un centro per la sterilizzazione e l'aborto a Roma prese il treno per Roma decisa a conoscerla. Il centro era allocato in via di Torre Argentina, in quella che era allora ed è tuttora la sede del Partito radicale. Per Emma Bonino sarebbe diventata casa. Si lanciò nell'avventura come chi scopre una vocazione. Assunse con la Faccio la gestione del centro nel 1975, nello stesso anno si autodenunciò per l'aborto, l'anno seguente, ventiseienne, fu eletta per la prima volta in Parlamento. In via di Torre Argentina la ragazza di Cuneo aveva conosciuto Giacinto Pannella, detto Marco: l'incontro della vita. Difficile immaginare caratteri più diversi: Emma era schiva, Marco istrionico, Emma era inesperta, Marco navigato già negli anni giovanili della politica universitaria, Emma ordinata e metodica, Marco caotico, torrentizio, irrefrenabile. Eppure, e forse proprio per questo, la coppia funzionò alla perfezione per decenni. Col tempo, Marco continuò a incarnare l'anima movimentista, fragorosa dei radicali, insieme guitto e geniale, primadonna come nessun altro. Emma invece è entrata sempre più nelle parti della "donna delle istituzioni". La differenza tra i due, negli ultimi anni si riassume in fondo in una formula semplice: Marco Pannella, padre padrone del Partito radicale, non è mai stato e non è mai voluto diventare un uomo di potere. Emma Bonino si è ritrovata, forse suo malgrado, a esserlo.Nel 1994 viene eletta deputata nelle liste del centrodestra, aderisce al gruppo parlamentare di Forza Italia, meno di un anno dopo Berlusconi la indica come commissaria europea per le politiche umanitarie e quelle dei consumatori. Instancabile gira per il mondo. E' la prima commissaria a mettere piede nella Bosnia dilaniata dalla guerra e al ritorno assume una posizione deflagrante. I radicali sono sempre stati non-violenti. Sia lei che Pannella hanno fatto del Satyagraha del mahatma Gandhi la loro bandiera. Ma di ritorno da Sarajevo assediata Emma la commissaria invoca l'intervento militare contro la Serbia e resterà sulle stesse posizioni quando, quattro anni dopo, l'intervento ci sarà davvero, nella guerra del Kosovo. Dopo le dimissioni della commissione nel 1999, provocate dal rifiuto di dimettersi di una commissaria accusata di frode, Emma torna a ricoprire cariche istituzionali, stavolta in Italia, nel 2006. In mezzo c'era stato un clamoroso successo elettorale con la Lista Bonino nel 1999, quando raggiunse addirittura l'8,5%, dimostratosi però presto effimero ed evanescente. Alle elezioni del 2006 i radicali si trovano sul fronte opposto della barricata rispetto al decennio precedente "berlusconiano: con l'Unione di centrosinistra guidata da Romano Prodi. La Bonino diventa ministro per le Politiche comunitarie ma il governo dura poco, appena 20 mesi. Nella legislatura successiva, eletta con il partito democratico, è vicepresidente del Senato e con Letta è ministro degli Esteri.Il ruolo modella almeno in parte le priorità politiche. Nei radicali hanno sempre convissuto due anime, che per Marco Pannella erano in realtà facce della stessa medaglia: quella libertaria e quella liberista. Don Giacinto detto Marco anche negli ultimi anni della sua vita ha sempre incarnato soprattutto la prima, senza peraltro mai sdegnare la seconda, quella liberale e sempre più marcatamente neoliberista. Emma l'Europea, di casa a Bruxelles, si è imposta sempre più come campionessa di un europeismo centrato sulla piena condivisione delle politiche di bilancio europeo, sino a essere eletta nelle ultime elezioni con il gruppo più omogeneo alle politiche monetarie europee che fosse in campo: Più Europa.Forse anche per questo, oltre che per motivi di protagonismo personale e probabilmente anche per il peso della malattia, entrambi in lotta con il cancro, negli ultimi anni le posizioni di Marco Pannella e di Emma Bonino si erano allontanate molto più di quanto le cronache abbiano voluto registrare. L'assenza di Emma Bonino dalla affollatissima veglia funebre per il gigante del Partito radicale, la notte del 19 maggio 2016 a Roma è stata una delle pagine più tristi nella storia non solo del Partito con la Rosa nel Pugno ma anche della politica italiana in generale.Qualunque cosa si pensi di donna Emma, ognuno, anche i più agguerriti, dovrebbero riconoscerle la capacità di ammettere gli errori. Subito dopo l'elezione alla Camera del 1976 si lanciò, come d'uso tra i radicali, in una raffica di campagne, trasformate quasi tutte in referendum tra i quali quello, vinto e disatteso come nessun altro prima o dopo, sulla responsabilità civile dei giudici oltre che quello sull'aborto. Ma Emma si scagliò a spada sguainata anche contro l'allora presidente della Repubblica Giovanni Leone, vittima di una campagna mediatica e politica di linciaggio, perché sospetto di corruzione, tanto violenta quanto infondata. La Bonino fu tra le più battagliere ma si tirò indietro quando capì che la campagna era infondata e segnata dal peggior giustizialismo. Vent'anni più tardi scrisse e consegnò di persona all'ex presidente una lettera di scuse. Per carattere, personalità, convinzione e biografia politica, Emma Bonino vanta un senso delle istituzioni che non ha nulla della vuota retorica che di solito le esaltazioni delle istituzioni democratiche camuffano e neppure la si potrebbe mai accusare di adoperare l'allarmismo a scopo di propaganda spiccia. Le sue lacrime nell'aula del Senato, giovedì sera, a fronte dell'enormità di una legge di bilancio destinata per la prima volta nella storia repubblicana a essere approvata senza che il Parlamento possa neppure leggerla, figurarsi poi modificarla, erano del tutto sincere.