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Il giorno dopo la scoperta del blitz anti Cantone è tutto un rincorrersi di scuse.
Renzi assicura: sul decreto che toglie i poteri all’Anac «Gentiloni ha già detto tutto», e cioè che all’errore commesso dal governo si rimedierà già in sede di conversione del provvedimento. Eppure l’incredibile vicenda, che allo stato lascia depotenziata l’Anticorruzione, rischia di provocare un danno irreparabile: far sentire l’authority, e il magistrato che la presiede, più soli nella lotta al malaffare. Nulla sarà più come prima, dopo che i “nemici” dell’ex pm hanno dato prova della loro capacità di influenza. La lista è lunga: si va da Piercamillo Davigo e da larghi settori della magistratura all’Ance, da amministratori locali come Enzo De Luca alle stesse burocrazie di Palazzo Chigi.
Il day after è frenetico, viaggia sull’asse Washington- Roma. Dalla capitale Usa un Gentiloni sconcertato assicura di voler rimediare «in maniera inequivocabile». Orlando gli fa eco e lo stesso Renzi dice che sulla necessità di restituire i pieni poteri all’Anticorruzione «il premier ha già detto tutto». È un continuo rincorrersi di scuse. Non si dà molto peso però alle parole che il presidente dell’authority affida a Repubblica: «Nei palazzi qui intorno c’è qualcuno che vuole depotenziarci». Certo, già nella tarda serata di giovedì l’ex pm aveva lasciato trapelare «soddisfazione» per la corsa ai ripari lanciata dal governo. Ma con il giallo del comma abrogato in “preconsiglio” dei ministri, Cantone ha scoperto quanto siano determinati i suoi nemici. Questo è il vero danno, forse irreparabile, provocato dalla vicenda.
La dinamica dell’errore comincia a essere chiara. Il deputato pd Stefano Esposito, estensore materiale di molte delle norme che regolano l’attività dell’Anticorruzione, ribadisce: «Non c’è stata alcuna volontà politica, è fuori di discussione che sia stato il Dipartimento per gli affari legislativi di Palazzo Chigi a prendersi la briga di cambiare il testo preparato da Delrio. Tutto è successo nel preconsiglio del 13 aprile, pochi minuti prima che iniziasse il Consiglio dei ministri vero e proprio». Possibile che una norma così importante possa essere cambiata in extremis? Esposito spiega che «si tratta purtroppo di una prassi: alla riunione preliminare partecipano i tecnici più che i ministri. Perfezionano il lavoro di coordinamento finale dei testi, e si prendono a volte qualche licenza di troppo, come se potessero sostituirsi al legislatore». L’ufficio che formalmente dipende dal sottosegretario alla Presidenza Maria Elena Boschi è guidato da un dirigente, Roberto Cerreto, considerato assai vicino all’ex ministro per le Riforme. «Ma Maria Elena non c’entra nulla. I tecnici del legislativo hanno pensato fosse cosa buona e giusta interpretare in modo estensivo l’idea, suggerita dal Consiglio di Stato, di trasformare le raccomandazioni vincolanti dell’Anac sulle gare pubbliche nella facoltà di segnalare le anomalie alla Autorità giudiziaria. Ma se il Consiglio di Stato avesse voluto, avrebbe potuto rendere vincolante quel parere. Non lo ha fatto. Il Dipartimento legislativo è andato oltre senza motivo». Ma come si fa a non pensare che i tecnici abbiano recepito le diffuse “pressioni anti- Cantone”? Quelle dei costruttori, per esempio. O di amministratori locali del peso di Enzo De Luca, che considerano indebito il peso attribuito all’Anac. «In questo Paese si fa la guerra alla corruzione nei convegni, poi quando qualcuno si attrezza per combatterla davvero tutti a dire che non è quella la soluzione», chiosa un corrosivo Stefano Esposito.
Una cosa è certa: quell’eccesso di zelo dei burocrati lascerà il segno. Fa capire a Cantone che i suoi antagonisti hanno determinazione e capacità di incidere. E questo, per un organismo che deve già fronteggiare un male inafferrabile come la corruzione, non sarà certo un balsamo.