La notizia è ormai ufficiale. Massimo D'Alema nei prossimi giorni presenterà una riforma costituzionale alternativa a quella che andrà al voto a novembre. Tre costituzionalisti, c'è da giurare autorevolissimi e con alle spalle chissà quanti libri pubblicati, ci stanno lavorando. Dettagli a parte il lavoro, che verrà presentato i primi di settembre alla Convenzione del No di D'Alema, è già concluso: 380 deputati, 160 senatori, fiducia al Governo votata da una sola Camera, e per snellire la legislazione in caso di conflitto tra Camera e Senato un "Comitato di conciliazione" come in Usa «dove c'è il Bicameralismo perfetto», chiosa divertito l'ex Premier e leader Maximo della sinistra italiana.Insomma, quel che vuole D'Alema è chiaro, semplice, facilmente comprensibile agli elettori, fattibile in sei mesi. Un'exitDalemiana priva di contraddizioni e pasticci anche perché D'Alema, che capisce veramente le cose della politica e chi crede il contrario o che non le capisca più si sbaglia, sa benissimo che quella proposta non vedrà mai la luce e servirà soltanto per guidare, intanto e subito, l'assalto del No a Renzi.Il momento della verità, del resto, su quel che vuole e pensa veramente D'Alema a proposito del referendum e dei giorni successivi al suo svolgimento irrompe, come spesso accade, da un botta e risposta tra lui e il pubblico di Vicenza, che Troncino racconta con efficacia sul Corsera. D'Alema sta parlando ma, scena per lui inaudita fino qualche tempo fa, dal pubblico c'è chi lo contesta: «Se vince il No arriva la destra». In passato, quando qualcuno osava interrompere un leader del suo livello, il restante pubblico interveniva per zittire i disturbatori. Ma i tempi non sono più quelli. Ed è lo stesso D'Alema a doversi difendere: «No. Perché non ci saranno le elezioni anticipate. Invece ? continua il leader ? se andremo avanti così, finiremo come Wile Coyote e i 5 stelle andranno al Governo».D'Alema quindi prevede la vittoria del No e la continuazione della legislatura. Partiamo da questo punto fermo. Con quale Governo e quale maggioranza? D'Alema non l'ha mai detto e, quasi a voler bloccare eventuali obiezioni, ripete che lui non ha mai chiesto le dimissioni di Renzi. Di solito il discorso qui arrivato s'impantana sull'opportunità che Renzi, perso il referendum, si dimetta o meno e il problema reale, quale maggioranza di Governo si dovrà ? e soprattutto si potrà - fare se vince il no, sfuma in dissolvenza come nei vecchi film in bianco e nero.Ma se si mettono i dati in ordine il discorso non torna. Renzi potrà, per convenienza elettorale, anche dire che non si dimetterà; potrà anzi dire quel che vuole. Ma l'Italia non è un piccolo territorio del Quarto mondo e un Premier che viene bocciato, non dalla sua maggioranza parlamentare ma dal popolo da cui emana la sovranità popolare, sulla proposta più qualificante della sua intera attività, non può restare al suo posto. I soliti azzeccagarbugli ipotizzano un nuovo passaggio alle Camere (due) per una nuova fiducia. Cioè un Parlamento di nominati col proprio voto dà fiducia a un premier che il popolo sovrano direttamente interpellato, ha bocciato. Sarebbe curioso scoprire che D'Alema pensa una cosa così stravagante (uso una parla che lui utilizza spesso). Insomma, se perde Renzi, chiacchiere e spinte a parte, deve fare le valigie e andar via da Palazzo Chigi. D'Alema lo sa alla perfezione e ritiene che se accadrà sarà un fatto positivo. Ma qui il gioco della verità si fa pericoloso, non solo per Renzi e D'Alema ma per l'intero paese. Quale maggioranza di Governo sostituirà Renzi dato che lo stesso D'Alema assicura ai suoi contestatori che «non ci saranno le elezioni anticipate? ». Le soluzioni non sono tantissime. D'Alema che non è certo Bersani, lo sa: o un governo tra centro sinistra e Grillo (anche tenendo presente la giusta preoccupazione di D'Alema di non far vincere i 5 stelle), o un governo centrodestra/centrosinistra; certo, coi renziani, o meglio quel che resterebbe di loro (è difficile immaginarli guerrieri che muoiono sul campo per l'idea armi in pugno), emarginati. Insomma, non più Verdini e Cicchitto, a cui D'Alema ha riservato un battuta, ma Brunetta e chissà chi.