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E alla fine divorzio è stato. O meglio la fine di un fidanzamento, visto che Matteo Renzi e Carlo Calenda erano ancora lontani mesi dal presunto matrimonio. Il partito unico dei riformisti, liberali, socialisti, popolari e chi più ne ha più ne metta non si farà, almeno per ora. A sentire Calenda, per colpa di Renzi. A sentire Renzi, per colpa di Calenda. Come in tutte le cose la verità sta in mezzo, ma il problema è che in mezzo, al momento, quel che doveva esserci non c’è più. «Un clamoroso autogol», a detta dell’ex presidente del Consiglio.
La rottura definitiva è arrivata per bocca del segretario di Azione, che prima ai microfoni dei giornalisti e poi con un video pubblicato sui suoi canali social ha dichiarato la fine delle trattative. «È naufragato il progetto del partito unico con Italia viva - ha detto Calenda - Abbiamo fatto questa promessa durante le elezioni, ma dopo si è capito che Renzi non lo voleva fare prima delle europee, una visione cui ci siamo opposti». Per poi ripercorrere le tappe che hanno portato alla rottura. «Mi è stato chiaro che il progetto non andava da nessuna parte quando Renzi ha fatto non un passo di lato, ma cinque passi in avanti riprendendo Italia viva - ha aggiunto - È accaduto che di fronte alle nostre pressioni per farlo il partito unico, Renzi ha ceduto sul fatto di discutere. Abbiamo mandato proposte scritte: un partito contendibile, democratico, forte, con un manifesto politico e culturale ben definito. La risposta di Renzi è stata netta, indisponibile a sciogliere in qualsiasi caso Italia viva e prendere “commitment” per passare le risorse di Italia viva al nuovo partito».
E la presa d’atto finale. "Ci sono poche cavolate, tutto quello che avete sentito intorno sono armi di distrazione di massa, non è una lite tra personalità, è una discussione sulle cose politiche - ha concluso - Sono stato riempito di insulti di ogni genere da Renzi e da Italia viva, non ho mai risposto: i miei rilievi sono stato solo puntuali e di natura politica, c’è un problema di fiducia politica e bisognerà lavorare perché abbiamo gruppi parlamentari comuni».
Ed è proprio questo il paradosso, perché nonostante la rottura i due gruppi i parlamentari dei due partiti continueranno a lavorare insieme in Parlamento.
I deputati e i senatori di Italia viva sono stati riuniti poco dopo l’annuncio di Calenda da Matteo Renzi, è la linea è stata quella del «ci abbiamo provato, abbiamo fatto di tutto, ma Calenda aveva già deciso». Renzi con i suoi ha parlato di «un attacco a freddo e senza ragione politica», invitando tuttavia a lavorare in vista delle Europee, dove comunque i due partiti convergeranno nella famiglia europea dei liberali di Renew Europe.
Famiglia nella quale finiranno anche i voti di +Europa, che nel weekend terrà la propria assemblea nazionale a Roma con Emma Bonino che non ha risparmiato un commento sull’accaduto tra i “cugini” del terzo polo. «Dovrei dire che sono sorpresa? Proprio no - ha scritto sui social - Lui è fatto così». Il riferimento è evidentemente a Carlo Calenda, visto che alle ultime Politiche proprie +Europa e il Pd avevano vissuto una vicenda analoga, quando il leader di Azione aveva prima sottoscritto e poi annullato l’intesa elettorale con i due partiti. Tanto che tra i mi piace spunta anche quello di Enrico Letta, che evidentemente è ancora toccato dalla questione.
Chi prova a stemperare i toni è Ettore Rosato, citato da Calenda come colui che è stato fatto fuori da Renzi per riprendersi il partito, che ha definito la rottura «un fallimento del gruppo dirigente» per poi lasciare aperto qualche spiraglio. «Dobbiamo mettere da parte gli scontri che ci sono stati e pensare in prospettiva, abbiamo delle responsabilità - ha spiegato - il progetto non è morto, ha solo una gestazione più lunga del previsto: in politica non bisogna mai dare nulla per definitivo». Ma per i renziani gli argomenti utilizzati per arrivare alla rottura «appaiono alibi», come «Leopolda, Riformista, retroscena, veline, presunti conflitti di interesse», definiti «solo tentativi di alimentare una polemica cui non daremo seguito». Mentre per Calenda gli argomenti di Iv sono «mezzi di distrazione di massa» che nascondevano la non volontà di sciogliere Iv.
«Renzi oggi ha confermato che farà la Leopolda, che è un evento promosso e finanziato da Italia viva, quindi Italia viva non si scioglie - ha detto Richetti, presidente di Azione e capogruppo del terzo polo alla Camera - Renzi dice che lo farà il 30 ottobre e allora perché non lo deliberiamo oggi per il 30 ottobre? Non lo fa perché prima vuol vedere chi vince il congresso, non capisce che stiamo facendo tutti una figura del cavolo?».
Insomma la rottura era ormai inevitabili, troppi gli insulti reciproci delle ultime ore, tutti rigorosamente a mezzo twitter e agenzie di stampa, senza un vero confronti faccia a faccia tra i due leader. «Ora calma e sangue freddo», sussurra un dirigente renziano. Ma sul terreno del terzo polo restano solo macerie.