I precedenti sono di vari tipi. Ce ne sono di urticanti, tipo Silvio Berlusconi che si scaglia contro i magistrati che lo perseguitano «in quanto accecati dall'odio» verso di lui e la sua creatura politica. Oppure - e si tratta di una corda che risuona forte nella memoria della sinistra italiana - di illustrissimi precursori, come il Palmiro Togliatti che nei suoi "Scritti e discorsi dal 1917 al 1964", schiaffeggia gli avversari avvertendo che «tutti gli uomini non accecati dall'odio e dall'egoismo di classe, vedono nell'Urss l'inizio di una nuova civilità». Insomma l'espressione è forte; di rango gli uomini che la pronunciano; importanti quelli a cui è indirizzata. Eppure, almeno d'acchito, sono altre le considerazioni che fannno capolino dopo che il braccio destro di Matteo Renzi a palazzo Chigi, Luca Lotti, ha attaccato Massimo D'Alema per la sua campagna a favore del No referendario: «Se solo l'ex premier non fosse così accecato dalla rabbia e dall'odio personale per non aver ottenuto la sua poltroncina di consolazione.... », eccetera eccetera.Ciò che colpisce, a parte la veemenza perentoria e liquidativa, va al di là dello scarto tra la posta in palio: la modifica della Costituzione; e le ragioni dell'opposizione: un incarico politico (di prestigio ma privo di poteri effettivi), negato. A torto o a ragione - per tanti e non solo dalle sue tradizionali parti politiche - D'Alema è marchiato da stimmate negative: è l'emblema di una sinistra vecchia e includente che il vento della rottamazione renziana ha finalmente scalzato, così consentendogli di guadagnare considerazione e consensi elettorali anche da non ha mai votato Pd. In particolare, nessuno lo accredita della possibilità di essere protagonista di una clamorosa rivincita, tornando a guidare il partito e/o uno schieramento che garaggia per la guida del governo. Dunque perché tanta acredine? Vero è che l'ex segretario del Pds non ci va tenero contro Renzi, anzi. E la sua decisione di schierarsi per il No funziona come boa lampeggiante - e chissà se pure da calamita - per la minoranza interna del Nazareno, alrtresì minacciando, in funzione di stimolante, di tracimare anche nell'anchilosato corpaccione dell'elettorato.Ma anche qui: "accecato dall'odio" va al di là della semplice vis polemica. E' spia di un sentimento più profondo, di una avversione di qualità pseudo-ontologica, di taglio politicamente demonizzatore. Soprattutto ripropone, ma con il segno opposto, la reiterata accusa che la maggioranza pd rivolge alla minoranza: di voler cioè scaricare sui cittadini l'infinita resa dei conti interna, la sindrome da congresso mai concluso, la voglia di rivalsa mai sopita. Con una torsione paradossale in più: che D'Alema, formalmente, non appartiene a nessuna delle correnti che popolano (e agitano) il mare magnum del Pd.Si può scavare anche più a fondo, usando come attrezzo l'acuminato cinismo di Giulio Andreotti: a pensar male si fa peccato... Per dire. L'attacco all'ex premier è, come detto virulento. Eppure colpisce che il fatto che si accompagni ad un totalizzante silenzio nei confronti di chi, non solo formalmente, guida un fronte importante contro Renzi ed il Sì referendario: Silvio Berlusconi. Vero è che l'anziano leader è fisicamente acciaccato, geograficamente lontano, politicamente in disparte, pur se c'è chi riservatamente assicura il contrario. Tuttavia è in qualche modo stordente che i comitati per il No dalemiani, sia costituiti che in itinere, vengano bombardati alzo zero anche usando quel lanciafiamme metaforico che Renzi aveva minacciato di imbracciare contro la minoranza interna, mentre il numero uno di una formazione competitrice a tutto tondo sul piano politico è risparmiato. O se tirato in ballo, lo è in compagnia di chi? Di D'Alema, of course: «Lui e Berlusconi sono per il No perché vogliono tornare», ha infatti accusato il premier. Forse tutto questo perchè, come spiegano vari sondaggi, il sebatoio forzista può diventare la cornucopia per il trionfo renziano? E' proprio questa, del resto, l'accusa che arriva da Pierluigi Bersani a commento della sortita di Lotti: «Vedo che la caccia dei voti del centrodestra fa un passo in avanti... ». Qualcosa del genere accade anche per il M5S, dove pure c'è una fetta di voti che punta al "cambiamento" e che ad avviso di Renzi sono intercettabili. Dunque pochi attacchi a Grillo, molti a Di Maio e alla Raggi new entry. Ma su questioni specifiche. Assai larvati, al contrario, i riferimenti specifici al voto per il No.Insomma da qualunque parte la si voglia guardare, è difficile allontanare la percezione che il Pd era e continua a rimanere l'epicentro delle scosse che fanno sobbalzare il palcoscenico della politica italiana. Tre anni di leadership renziana, di partito e di governo, non hanno risolto la questione. Lo farà il referendum, in un modo o nell'altro. Per questo motivo l'intensità delle scosse fino al 4 dicembre è destinata a salire inesorabilmente.