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La Bce sta per scaricare il "bazooka" e l'Italia dovrà imparare a fare da sola. Giovedì 14 giugno l'istituto di Francoforte riunisce il suo consiglio direttivo e all'ordine del giorno potrebbe esserci la discussione sull'avvio dello smantellamento del programma di "quantitative easing", che per oltre tre anni ha tenuto bassi i tassi d'interesse sul debito in Italia e in tutta l'Eurozona. Dopodiché ognuno dovrà camminare sulle sue gambe. Nei giorni scorsi ha tenuto banco una polemica sulla riduzione, registrata a maggio, degli acquisti di titoli di Stato italiani da parte della Bce. I numeri sono chiari: Francoforte il mese scorso ha acquistato bond tricolori per 3,6 miliardi, in calo rispetto ai 4 miliardi di aprile. Una flessione che ha riguardato anche il debito di Francia, Austria e Belgio ed e stata compensata da acquisti più massicci di bund tedeschi. Il risultato è stato un allargamento del famoso spread, ovvero la differenza tra il costo che paghiamo noi per indebitarci e quanto paga la Germania che, per via delle sue solide finanze, ha costi di indebitamento bassissimi e viene quindi presa come punto di riferimento. La deputata del M5s Laura Castelli aveva sottolineato la variazione, lasciando intendere che la Banca Centrale Europea avesse così voluto manifestare la propria ostilità nei confronti del governo giallo-blu allora in via di formazione. A sostenere questa tesi non era stata pero la sola Castelli, bensì nientemeno che Peter Spiegel, firma di punta del Financial Times. A rispondergli, su Twitter, è stato Michael Steen, il capo della comunicazione dell'Eurotower, che ha spiegato come si sia trattato invece di un calo di natura tecnica, dovuto alla necessità di rifinanziare numerosi titoli tedeschi in scadenza. Peraltro la Bce aveva comprato una quantità ancora minore di titoli italiani (3,4 miliardi) anche a gennaio e a marzo, senza causare scossoni sui mercati. Nondimeno, in termini percentuali sul totale degli acquisti e stato il dato più basso dall'avvio del Qe: il 15%. Sulla carta il programma di quantitative easing è destinato a terminare il prossimo settembre. L'ammontare degli acquisti di titoli di Stato dei Paesi dell'Eurozona previsti dal programma, avviato nel marzo 2015 al ritmo prima di 60 e poi di 80 miliardi di euro complessivi al mese, è già stato ridotto a 30 miliardi di euro mensili. Ma a settembre gli acquisti potrebbero essere azzerati. E decidere se rispettare la scadenza prevista o estendere ulteriormente le operazioni sarebbe esattamente il tema sul tavolo del prossimo consiglio direttivo della Bce, che si terrà il 14 giugno a Riga. Ciò spiega benissimo perché gli investitori guardassero con tanto nervosismo a elezioni anticipate in autunno. C'era il serio rischio che Draghi chiudesse i rubinetti con un'Italia ancora senza un governo nel pieno delle sue funzioni in grado di elaborare una strategia per convincere i mercati a continuare a finanziare il terzo debito pubblico del mondo senza il salvagente del "quantitative easing". Spetterà ora al governo Conte studiarla. Perché è assai probabile che non ci sara nessuna estensione e da settembre ognuno dovrà cavarsela senza Francoforte.