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Dall'invasione turca alle Regionali, dalla riorganizzazione del Movimento alla riforma del Titolo V della Costituzione, dalla legge di Bilancio al rapporto col Pd. Luigi Di Maio chiude Italia a 5 Stelle da capo politico. La freddezza mostrata il giorno prima dal pubblico non lo spaventa. Anzi, prova a dimenticare gli applausi e le ovazioni riservati a Giuseppe Conte e Beppe Grillo e si riprende la scena. Di Maio interviene subito dopo il discorso di Virginia Raggi che ha generato scompiglio tra la folla a causa della presenza di Filippo Roma, inviato de Le Iene, aggredito pesantemente dai militanti grillini per le sue inchieste sul Movimento. Il capo politico sale sul palco e spiega un anno e mezzo di mutazione genetica del partito. Annuncia la creazione di un organismo nazionale, composto da almeno 80 persone, che lo affiancheranno nella gestione del M5S. Perché un conto è stare all'opposizione e un conto presentarsi come forza di governo che non può più permettersi lo spontaneismo. «A dicembre si vota su Rousseau e avrete una squadra nazionale che si prende la responsabilità di portare avanti gli obiettivi del Movimento», dice Di Maio, invitando gli iscritti a farsi avanti. Poi il ministro degli esteri espone quelli che saranno i prossimi obiettivi dell'azione di governo. Una volta archiviate la riforma della Giustizia e la legge di Bilancio, toccherà all'acqua pubblica e alla riforma del Titolo V della Costituzione. «È la nostra grande sfida», dice. «Abbiamo tagliato i parlamentari dopo 40 anni di tentativi e possiamo fare anche questo. Non lo faremo con una ricetta già tra le mani ma lo faremo coinvolgendo con il Movimento 5 Stelle i migliori, quelli che ne sanno più di tutti: costituzionalisti, esperti di pubblica amministrazione, sindaci, e cominceremo a riscrivere lo Stato disegnandolo non intorno al politico ma intorno ai cittadini, e c'è una bella differenza». Ma Di Maio sa che deve affrontare il capitolo più delicato per una base disorientata: l'accordo col Pd anche alle Regionali. E parte dall'Umbria, dove la coalizione è già realtà. «Molti nostri candidati in Umbria mi hanno detto che ora non possono parlare male del Pd. Io ho detto: puoi anche farlo, ma sei sicuro che serva ancora parlare male degli altri? Noi dobbiamo parlare di quello che vogliamo fare noi», scandisce, invitando gli attivisti ad accettare l'evoluzione del Movimento. «Veniamo da 10 anni in cui abbiamo detto che gli altri non andavano bene e dovevano scegliere noi. Ci hanno scelto e siamo ago della bilancia per la formazione di qualsiasi governo in Italia. Ora è nostro dovere raccontare quale Italia creare e che se vinciamo in Umbria l'avremo liberata per la prima volta dai partiti», insiste Di Maio, "rassicurando" comunque il pubblico napoletano: «Con De Luca neanche per sogno». In ogni caso, «non faremo alleanze alle regionali, al massimo proporremo altri patti civici, ma senza candidati di colore politico, sempre con l'idea di liberare le Regioni dalle mani dei partiti e dalle dinamiche delle correnti», specifica il capo politico. Che subito dopo veste i panni del titolare della Farnesina. «Domattina prima del Consiglio europeo avrò un bilaterale con il ministro degli Esteri francese con cui chiederemo lo stop alla vendita di armi alla Turchia», afferma il leader pentastellato. Come Italia «saremo categorici, chiederemo di cessare l'azione militare e chiederemo di bloccare la vendita di armi per tutti i 28 paesi. E lo chiederemo non solo per la Turchia: vogliamo una riflessione sulle armi, a chi si stanno vendendo e se vengono usate in conflitti dove si perdono vite umane», garantisce in chiusura tra gli applausi. Di Maio esce di scena ma poi si ricorda di aver scordato qualcosa e torna sul palco solo per aggiungere un saluto. «Ti mandiamo un Grande abbraccio Alessandro, siamo tutti con te e ti siamo vicini», conclude, rivolto a di Battista, che non ha partecipato alla kermesse per motivi personali.