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SIMONETTA MATONE LEGA
Una legge per «la tutela del diritto alla buona fama e alla riservatezza nella rete internet nei casi di proscioglimento o di archiviazione dei procedimenti penali” che preveda poi l’obbligo di pubblicazione delle “sentenze di proscioglimento». L’ha proposta (il testo non è ancora disponibile, ndr) la scorsa settimana la deputata leghista Simonetta Matone, ex magistrato e attuale componente della Commissione giustizia di Montecitorio.
Il tema affrontato dalla parlamentare salviniana, va detto, non è nuovo. La recente riforma Cartabia del processo penale, ad esempio, ha introdotto importanti cambiamenti proprio nell’applicazione del diritto all’oblio. Il nuovo articolo 64- ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale prevede infatti che la persona nei cui confronti sia stata pronunciata una sentenza di proscioglimento, di non luogo a procedere, o un provvedimento di archiviazione, possa chiedere che venga “preclusa l’indicizzazione” o “disposta la deindicizzazione” in rete dei dati personali riportati all’interno.
La procedura è semplice. La cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento deve solo apporre una annotazione, che è quindi titolo esecutivo, in cui ordina la “sottrazione dell'indicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante”. Tale disposizione, però, non risolve il problema per il semplice fatto che “deindicizzare” non significa “cancellare”.
Nella pratica il risultato che si ottiene è solo quello che i dati personali inseriti nei motori di ricerca non sono più in associazione a parole chiave relative al reato contestato. È sufficiente dunque effettuare una ricerca diversa, ad esempio inserendo il nome di un coimputato, quello del magistrato che ha condotto le indagini, un particolare dettaglio investigativo, che il link della notizia che si pensava deindicizzata ricompare come per prodigio. L’uso dell’intelligenza artificiale, poi, rende del tutto inutile qualsiasi tentativo di “occultare” la notizia. Sul punto il deputato forzista Enrico Costa nei scorsi mesi si era molto battuto, scontrandosi con i colossi rappresentati dai motori di ricerca. «È evidente - disse Costa - che di un personaggio pubblico, coinvolto in una vicenda giudiziaria, anche se assolto, si troverà sempre traccia della notizia».
Da Google furono molto chiari: se la notizia è stata “aggiornata” ai più recenti sviluppi della vicenda giudiziaria, quindi all’assoluzione, difficilmente potrà essere deindicizzata. E poi, come detto, bisogna sempre valutare l’interesse alla reperibilità delle informazioni riguardo il ruolo pubblico rivestito. La Corte di Giustizia e Comitato europeo per la protezione dei dati hanno da sempre indicato «la prevalenza dell’interesse generale ad avere accesso alle informazioni quando l’interessato esercita un ruolo pubblico, anche per effetto della professione svolta o delle cariche ricoperte». Il Comitato europeo per la protezione dei dati, in particolare, ha chiarito che «politici, alti funzionari pubblici, uomini di affari e professionisti (iscritti agli albi) possono essere solitamente considerati come coloro che svolgono un ruolo nella vita pubblica».
In tale prospettiva vi è quindi il diritto da parte dei cittadini a ricercare le informazioni rilevanti rispetto al loro ruolo e alle attività pubbliche. In Italia il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti lo scorso anno ha approvato all’unanimità il nuovo Codice deontologico. Il testo, che entrerà in vigore il prossimo primo giugno, affronta per la prima volta il diritto all’oblio. Il giornalista, si legge all’articolo 10, ' rispetta il diritto all’identità personale ed evita di far riferimento a particolari relativi al passato”, per poi però aggiungere ' salvo quando essi risultino essenziali per la completezza dell’informazione”.
Inoltre, prosegue, il giornalista ' aggiorna le notizie, anche valutando le richieste dell’interessato, e facilita i processi di deindicizzazione online, qualora ne ricorrano i presupposti”. Insomma, siamo sempre al punto di partenza. L’unica soluzione sarebbe allora fin dall’inizio quella di una informazione effettivamente neutra che non si risolva nel semplice “copia ed incolla” degli atti giudiziari, nella pratica scritti a sei mani: maresciallo, pm e gip.