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Sui Social Network c’era il fermento della resa dei conti. Un misto di rabbia e rivalsa ( ma soprattutto di rabbia), un tam- tam virtuale che si è gonfiato di retweet e like di militanti e quadri da tutte le latitudini. Un tumulto che doveva trasformarsi in un mezzogiorno di fuoco davanti al Nazareno, il tutto in diretta tv. Alle quattro del pomeriggio ( la direzione convocata alle tre è stata poi spostata alle cinque e mezza), davanti alla sede del Partito democratico c’è già movimento: transenne, camionette e telecamere, ma soprattutto la folla dei «sostenitori di Matteo» chiamati a raccolta dal web. «Sono traditori, la linea si decide in direzione ed è quella della maggioranza» , grida una signora intabarrata, brandendo un giornale. «Siamo qui per manifestare solidarietà al segretario: il 40% è tutto suo» , si accalora un’altra davanti a un microfono. Si snocciolano i nomi dei colpevoli e il più nominato è Pierluigi Bersani, seguito da «Baffetto» , Massimo D’Alema, che «ne ha fatto fuori un altro, come con Cofferati e Veltroni» . I « sostenitori di Matteo» si appostano davanti all’ingresso del Nazareno, mischiati alle telecamere e ai giornalisti, che si accalcano tendendo le orecchie ad ogni accenno di voce grossa dai vari crocchi di perso- ne. «Quanti saranno? Non più di una cinquantina di persone» è la voce che serpeggia tra i cronisti, che già pregustavano un secondo Raphael, monetine comprese.
I primi oscuri delegati in assemblea nazionale iniziano ad arrivare. Alla spicciolata, valigia leggera in mano e visi scuri. Nessuno li riconosce e le telecamere nemmeno si accedono: sono i membri della direzione eletti nelle regioni, quelli che non vanno in televisione e nessuno sa come hanno votato al referendum. Devono sgomitare un poco per aprirsi un varco tra la piccola folla, saltando i cavalletti e chiedendo permesso ai cameraman con l’obiettivo ostinatamente puntato sull’ingresso. Tra chi grida più forte compare improvvisamente un sostenitore del No, che spiega come il suo sia stato «un No ai poteri forti» . «Questa è casa nostra, tu chi sei traditore?» fa la voce grossa un militante. «Si accomodino con i vecchi fascisti e con i nuovi fascisti dei Cinque stelle, quelli che hanno votato No e che ora parlano di sinistra» , si aggiunge un altro.
Intanto inizia a girare la notizia che in direzione non ci sarà il dibattito: solo la relazione del segretario, che poi è atteso al Quirinale per le sette. Sui Social rialzano la testa gli orgogliosi sostenitori del No: «Nessun dibattito? Molto bene, molto democratico» , «#DirezionePd rimandata e solo una dichiarazione di Renzi. Cioè tutto come al solito». Davanti alla sede del Pd, invece, si conviene che ora bisogna mettersi nelle mani di Mattarella.
Si sono fatte le cinque e le transenne si sono allungate da entrambi i lati, chiudendo tutta la via ai turisti che, incuriositi, vorrebbero passare proprio per di là. L’aria si è fatta nervosa e si moltiplicano i sostenitori giunti per «dare solidarietà a Matteo» , spuntano anche i cartelli - fogli A3 bianchi, scritti in stampatello - che recitano “Renzi è il mio segretario” e “Era la riforma costituzionale del Pd”. Chi li ha stampati si cruccia di quel “mio” di troppo, ma la distribuzione ha successo e le telecamere prendono d’assalto chi li sventola con più foga. D’un tratto si leva un «Matteo, Matteo» e tutti gli occhi puntano a sinistra dell’entrata, parte l’applauso e si alza il coro, ma è un falso allarme. Un altro Matteo, o forse qualcuno che gli somigliava.
I primi volti noti, però, finalmente iniziano ad arrivare e allora è tutta un corsa: «Arriva Cuperlo!» , timidi applausi. Poi è il turno di Francesco Boccia e allora si levano feroci i fischi, i “bu” e i cori elezioni- elezioni. Qualcuno prova a sedare gli animi, spiegando che «siamo qui per Matteo» e non per attaccare, ma intanto il povero Boccia è già sparito a testa bassa oltre l’entrata. Bagno di folla, invece, per Gennaro Migliore ed Emanuele Fiano.
I cartelli rimangono sotto braccio però, perchè si sono fatte lentamente le cinque e mezza, poi i tre quarti e i più benevoli tra i giornalisti rivelano alla piccola folla il segreto che loro già sanno da qualche ora: Renzi è già entrato, in auto e dall’ingresso sul retro. Stessa scelta anche per i nemici della minoranza, Bersani e Speranza. A svelare definitivamente il trucco ai presenti è l’incolpevole Andrea Orlando, che concede qualche parola alle telecamere e poi prende una viuzza laterale, evitando i cartelli e i cori che lo aspettano all’ingresso principale. Il Nazareno non è il Raphael e le monetine «ce servono, le tenemo in tasca» pontifica un militante, agitando il cartello ormai sgualcito. Doveva essere un mezzogiorno di fuoco, invece è stato Signore e signori, buonanotte. Fuori si inizia a cercare un bar dove scaldarsi, dentro è tutto pronto per cominciare: si alza Matteo, «Grazie a tutti e grazie per l’affetto...» .