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Matteo Salvini, dopo essersi commosso nel suo discorso, per la prima volta letto, e non fatto come sempre a braccio, dai banchi della sua Lega per poi tornare a quelli del governo, tira un sospiro di sollievo. Dice: «Sono una ragazzo fortunato perché ho l’onore di difendere il mio paese e i miei figli con il mio lavoro».
Dopo che dal tabellone del Senato è ormai chiaro che una maggioranza schiacciante di 232 voti (compresi questa volta quelli di Forza Italia e di Fratelli d’Italia, una cifra nell’ambito della quale secondo i primi calcoli nel pomeriggio la maggioranza di governo manterrebbe 165 voti, escluse le dissidenti grilline Paola Nugnes e Elena Fattori), cifra certificata dal presidente della Giunta per l’Immunità Maurizio Gasparri dopo le 13, il ministro dell’Interno stringe la mano al senatore pentastellato Mario Giarrusso.
Si vota fino alle 19 e in serata i voti contro il processo salgono a 237. In aula hanno votato contro il Pd e Leu, accusando il governo di essersi messo “al di sopra della legge”. Salvini riconosce ai Cinque Stelle, che però lo applaudono una sola volta, lealtà «perché le cose si fanno insieme».
Ma quando al ministro e vicepremier i cronisti chiedono se si senta in debito con gli alleati- contraenti di governo lui secco risponde: «Io mi sento in debito nei confronti del buon Dio e degli italiani che mi danno lo stipendio». Lui che ribadisce di «non essere un sequestratore di persone, di non essere uno che fa morire la gente in mare» e ribadisce di aver agito «nell’interesse nazionale», come il voto, il cui risultato finale arriverà solo dopo le 19, certifica ai cronisti però fa anche notare che ora deve correre al consiglio dei ministri dove si deve discutere sullo sbloccacantieri. Che il capo leghista ha rilanciato e sul quale i Cinque Stelle hanno ripreso a fare le bizze. Ormai è un distinguo al giorno, non certo come la sfida all’Ok Corral sulla Tav, sfida solo rinviata, ma insomma, Diciotti a parte, il percorso del governo è tutt’altro che lineare.
Si sfoga un parlamentare leghista, sotto anonimato: «E’ andata come era ormai scontanto, anche se l’attesa era piena di suspance, certo la maggioranza tiene, ed è stata schiacciante, ma non era la Diciotti il caso dirimente dei rapporti tra noi e i Cinque Stelle. Il punto mi chiedo: questo governo dura? E se dura quanto dura? Perché questi ormai ti fanno una provocazione al giorno, anche sulle cose più minime, capisco che devono distinguersi perché siamo in campagna elettorale per le Europee e loro devono risalire la china, ma io ho come la sensazione che questi si stiano come autosquagliando, Luigi Di Maio dice una cosa, Danilo Toninelli un’altra, quanto possiamo reggere così? Certo fino alle Europee si va avanti, ma dopo?».
È come se liberatisi dall’angoscia di vedere il proprio capo, di fatto dominus del governo e dato dai sondaggi a vele spiegate oltre e passa il 30 per cento, ora i leghisti, venuta meno l’adrenalina dell’attesa, riflettano su una routine quotidiana fatta di continue incomprensioni “tra noi e loro…”. Loro, i grillini, che potrebbero rischiare un’implosione mettendo a rischio il governo e soprattutto potrebbero prima o poi contagiare la Lega con le loro contorsioni. Da qui il solito tormentone degli scenari fatto di rimpasti, dopo le Europee, con il ministro dei Trasporti Toninelli fuori oppure soprattutto secondo la soluzione che appare più logica andare alle elezioni dopo aver fatto il pieno nelle urne il 26 maggio. «Ma, ce le danno queste elezioni?», è lo sguardo di un altro leghista guarda in alto il soffitto di Palazzo Madama, alludendo al colle più alto. Prosegue: «Certo anche al neosegretario del Pd Nicola Zingaretti converrebbe perché così lui si libererebbe di tutti i renziani più scomodi».
Ipotesi, congetture che riprendono a circolare dopo che “il Capitano”, come chiamano nella Lega Salvini, ha tirato un sospiro di sollievo. Ma come contraltare “all’assoluzione” di Salvini per la “Diciotti” la giornata ha riservato l’arresto del presidente pentastellato dell’assemblea capitolina Marcello De Vito, accusato di tangenti per lo stadio della Roma. È la giornata in cui i Cinque Stelle hanno perso clamorosamente l’età dell’ “innocenza”. Ma i leghisti se uno chiede loro in che misura questo potrà influire sulle già forti fibrillazioni del governo fanno spallucce: «Noi non ci occupiamo delle cose loro, loro non si occupino delle nostre». Certo, De Vito è stato già espulso dal MoVimento. Ma il colpo per Luigi Di Maio è forte. Si va avanti così al governo come tra coniugi che non si amano più moltissimo ma che per ora sentono di essere obbligati a stare ancora insieme. Maria Stella Gelmini, capogruppo azzurra alla Camera, sottolinea la sua soddisfazione per il voto del Senato, la forzista Michaela Biancofiore pure. Fanno notare che la politica sull’immigrazione era nel programma del centrodestra. Ma per ora il centrodestra esiste solo nelle giunte locali. E domenica prossima vedremo se esisterà anche in Basilicata. Ma per tutta la giornata Salvini non ha che testa su quel voto. Quando arriva quello finale in serata twitta: “Grazie”.