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«Per piacere non chiamatemi grillino. Se proprio volete darmi un’etichetta, definitemi “demasiano”». Il sociologo Domenico De Masi ormai ci scherza su, ma essere quotidianamente accostato al M5S comincia a stargli stretto. Da scienziato sociale, si limita a svolgere le ricerche che qualsiasi partito commissiona. Compresi i pentastellati, ovviamente, per i quali ha appena consegnato Cultura politica del Movimento 5 Stelle dopo il Coronavirus.
Professore, dunque come è cambiato il M5S dopo il Covid?
Mi faccia fare una premessa: ho fatto per loro una ricerca su commessa di una senatrice e il risultato di questo lavoro ricalca , parola per parola, ciò che hanno detto gli esponenti del M5S rispondendo a delle interviste scritte. Io ho messo solo il metodo scientifico. I 15 intervistati sono big del Movimento: ci sono Grillo, i ministri Di Maio, Azzolina, Pisano, alcuni sottosegretari, parlamentari e facilitatori.
Che tipo di domande ha posto?
Il questionario era composto da 11 blocchi di domande sull'ambiente, sulla demografia, sulla salute, sulla società, sulla politica, l'immigrazione, sulla cultura e così via.
Sull'immigrazione ci sono cambiamenti significativi?
Senza dubbio. Ma mi faccia prima dire che in generale si possono riscontrare delle opinioni su cui c'è una persistenza, cioè rimangono quelle di sempre, ma ci sono soprattutto tante novità. Restano le parole d'ordine: onestà, trasparenza, ambiente, terza via, interclassismo, progresso scientifico e tecnologico, democrazia diretta, welfare.
E le cose nuove?
Un europeismo nettissimo, tanto per cominciare. Ma anche il riconoscimento dell'importanza dell'immigrazione e della necessità di integrare gli immigrati, quindi in netta contrapposizione e discontinuità con i decreti Sicurezza salviniani. Emergono pure una forte avversione al populismo e un rifiuto del neoliberismo. E inoltre, finisce l’era dell'uno vale uno a vantaggio della meritocrazia.
È uno spostamento a sinistra dell'asse grillino?
Non c'è dubbio. Dimenticavo che tra le novità più importanti svetta anche il bisogno di recuperare un rapporto col sindacato.
Un movimento di sinistra ma interclassista?
Anche mezza Democrazia cristiana era così, da Fanfani a Dossetti.
Da cosa deriva questi mutamento?
Credo che l'esperienza di governo abbia cambiato radicalmente le prospettive. Quando devi fare le cose, non solo contestarle, guardi alla realtà con occhi diversi. Hanno capito il valore delle competenze: se c'è il coronavirus ci vuole un virologo, c'è poco da fare. Sono convinto che se anche Alessandro Di Battista fosse entrato al governo oggi la penserebbe in un altro modo.
A proposito, perché Di Battista non ha accettato di rispondere al questionario?
No, non si è rifiutato, in realtà. Aveva accettato di rispondere, ma mi mi ha chiesto più volte di rinviare la scadenza perché non aveva molto tempo. Al terzo rinvio ho deciso di proseguire con la ricerca perché non potevamo aspettare oltre. Ma lui è stato gentilissimo e si è pure scusato.
Luigi Di Maio ha detto al Corriere della sera: «Malgrado il lavoro intenso al ministero, l’ho fatto». Forse anche Di Battista, che di mestiere non fa il ministro, avrebbe potuto trovare un po' di tempo per rispondere...
Le dico la verità, un po' l'ho pensato pure io all'inizio. Ma sono sicuro che Di Battista abbia avuto davvero dei problemi. Mi ha scritto ben tre lettere in cui mi chiedeva di rinviare di una settimana la consegna, uno che non ha intenzione di rispondere non fa così. E comunque Di Battista non è stato l'unico a non rispondere.
Chi altro?
Il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Ma lo capisco, immagino che in pieno lockdown avesse sulla sua scrivania un bel po' di dossier da risolvere.
Quanta sintonia c’è tra le risposte di Beppe Grillo e quelle degli altri esponenti M5S?
Tutto quello che è andato a finire nella sintesi della ricerca ha registrato almeno 10 consensi su quindici. Su 1.800 items, solo una parte minima, un centinaio, non ha riscontrato condivisione generale. Quindi possiamo dire che nel 90 per cento dei casi il parere di Grillo coincide con quello degli altri.
L'elemento connotante del Movimento di ieri era la lotta alla casta. Quale sarà quello di domani?
L'anti liberismo, la democrazia diretta e l'ambiente. Sono questi i temi che rendono unico il Movimento 5 Stelle.
Cosa si dice del rapporto col Pd?
Il Pd viene considerato un partito lento a cambiare e incapace di raccogliere l’eredità della sua storia.
Prima ha nominato la Dc. È possibile paragonare il M5S a un partito della Prima Repubblica?
Assolutamente. Ma tutti i partiti sono nati come movimenti. Quelli che non si strutturano si sciolgono. Un movimento è un mucchio di sabbia con granelli di tutti i tipi uniti da un obiettivo, un bersaglio. Il partito è un mattone.
Il M5S si è trasformato in mattone?
Sta per farlo, è ancora a metà strada, forse un po' più avanti. Di certo non può essere più considerato movimento una forza di governo. Oggi il M5S è più definito politicamente. A differenza della prima fase, in cui il corpo elettorale era equamente distribuito tra destra e sinistra, oggi la maggior parte degli elettori sono orientati a sinistra, quelli che guardavano a destra si sono spostati sulla Lega.
Dunque il campo non può che essere il centrosinistra?
E dove può andare altrimenti?
Quanto potrà pesare nel Paese?
Se, come credo, dagli Stati generali usciranno in maniera unitaria, il Movimento potrà ambire a rappresentare attorno al 15 per cento degli italiani.
La sua ricerca verrà presentata agli stati generali del M5S e rappresenterà il punto di partenza per il confronto interno...
Questo lavoro ha un valore importante per una serie di motivi: perché riporta fedelmente le parole di esponenti di spicco del M5S e perché è stato realizzato con metodo scientifico. Fino a due giorni fa nessuno degli intervistati aveva idea di chi fossero gli altri 14.