La Lega è pronta ad accettare le modifiche al ddl sicurezza a patto che il Governo approvi quanto prima un “filtro legale” per le forze dell’ordine. È la novità emersa nelle ultime ore e a una settimana dal possibile approdo del provvedimento nell’Aula del Senato.

Facciamo un passo indietro: la norma, dopo i rilievi della Ragioneria di Stato sulle previsioni di spesa, dovrà tornare alla Camera per una terza lettura. Il Carroccio non avrebbe mai voluto questo ulteriore passaggio ma è stato costretto ad accettarlo in assenza di una alternativa. A queste modifiche finanziarie se ne potrebbero aggiungere quindi altre sul merito. In particolare riguarderebbero le detenute madri, l’introduzione del reato di resistenza passiva in carcere e il divieto di acquisto di una sim a chi non ha il permesso di soggiorno: tre punti sui quali il Quirinale avrebbe fatto una moral suasion.

Fratelli d’Italia e Forza Italia non si erano dette contrarie, anche per non fare uno sgarbo al capo dello Stato. Secondo quanto ci ha detto il presidente della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, Alberto Balboni (Fd’I), «qualche modifica selettiva e chirurgica non dovrebbe comportare particolari problemi né allungare i tempi di approvazione, visto che comunque alcuni emendamenti per aggiornare le coperture, inizialmente previste dal 2024 che nel frattempo è decorso, sono necessari».

Il partito di Matteo Salvini, al contrario, aveva mostrato la sua netta contrarietà a queste modifiche. Ma adesso la partita si riapre in una sorta di baratto politico: sì alle modifiche in Aula, a patto che si acceleri sulla norma che allarga i confini della tutela degli agenti. L’altra condizione richiesta dalla Lega per portare a casa il risultato utile a tutta la maggioranza è che al Senato gli altri partiti non chiedano modifiche su articoli di loro interesse: significherebbe allungare di troppo i tempi di approvazione. Al momento la maggioranza non ha ancora preso una decisione ma sembrerebbe che l’accordo sia vicino.

Come noto, all’interno del ddl sicurezza l’articolo 22, introdotto dalla Camera, determina un beneficio economico a fronte delle spese legali sostenute da ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria, nonché dai vigili del fuoco, indagati o imputati nei procedimenti riguardanti fatti inerenti al servizio svolto. Tale beneficio non può superare complessivamente l’importo di 10mila euro per ciascuna fase del procedimento e in caso di responsabilità con dolo del beneficiario è prevista la rivalsa delle somme corrisposte. Ma il Carroccio ha chiesto di più nei mesi precedenti e adesso l’Esecutivo sarebbe pronto a licenziare, in un imminente Consiglio dei Ministri, un decreto legge che amplia le garanzie per le forze dell’ordine. Il cuore della norma dovrebbe essere quello di evitare alcuni automatismi nel momento in cui viene sparato un colpo d’arma da fuoco o un agente, anche con l’uso di manganelli, ferisce o uccide qualcuno, ad esempio durante una manifestazione di piazza o una rivolta in carcere.

Ci sono due binari su cui si sta lavorando, come anticipato dal Messaggero. Primo, quello disciplinare: fino a sentenza definitiva niente sanzione, né ritiro dell’arma, né blocco dello stipendio. Secondo, quello penale: nel caso in cui le azioni del poliziotto e del carabiniere avvengano nell’ambito del perimetro delle cause di giustificazione disciplinate dal codice penale di rito, il vaglio del magistrato abbia una procedibilità diversa rispetto all’iscrizione immediata nel registro degli indagati. Solo se ci sono elementi per cui gli agenti violano la legge o il perimetro delle cause di giustificazione, deve essere iscritto nel registro degli indagati, ma non prima.

Il testo dovrebbe essere affinato in questi giorni, quando si parleranno la premier Giorgia Meloni, il sottosegretario Mantovano a cui è stato dato mandato di elaborare la norma, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. La premier tiene molto alla questione. Ne aveva parlato anche all’incontro di inizio anno con la stampa quando aveva difeso il carabiniere Luciano Masini, che a Capodanno è intervenuto uccidendo un uomo che aveva accoltellato quattro persone. Non sarebbe invece previsto nel decreto il fatto che lo Stato si faccia carico degli eventuali risarcimenti patrimoniali e non a cui verrebbero condannati gli agenti.

D’accordo sul provvedimento anche Forza Italia che inizialmente si era mostrata timida. Così ha commentato, infatti, al Dubbio il presidente dei senatori azzurri, Maurizio Gasparri: «Io sono antesignano delle politiche per la sicurezza e delle iniziative a tutela del personale. Pertanto sarebbe meglio chiedere agli altri cosa pensano di quello che ho fatto, sto facendo e farò in materia. In pratica, non sono io che mi misuro su quello che propongono gli altri, ma gli altri su quello che propongo io, che sono favorevole alle massime opportunità di tutela del personale. Dalla tutela legale alla tutela sanitaria ad altre forme di intervento, di cui sono promotore storico».

Al momento al Quirinale si esercita il silenzio in attesa che il testo assuma concretezza. Le perplessità potrebbero riguardare il fatto che se la legge è uguale per tutti, come da dettato costituzionale, risulti complicato approvare una scriminante che valga solo per le forze dell'ordine.