«Forza Italia è più interessata a discutere di detenute madri e di bambini piuttosto che a fare polemica». È meta pomeriggio quando, dopo la ripresa dell’esame in commissione congiunte Affari costituzionali e Giustizia della Camera del ddl Sicurezza, dagli azzurri arriva una dura nota che fa riferimento a quanto avvenuto martedì, con la lite tra forzisti e leghisti e l’astensione dei primi sull’emendamento del Carroccio che introduceva la facoltà per i giudici, e dunque non più l’obbligo, di indirizzare le detenute incinta o con figli fino a un anno verso gli Icam e non in carcere.

«La posizione, annunciata in commissione, è chiara e ferma - scrivono Paolo Barelli, Tommaso Calderone, Pietro Pittalis e Paolo Emilio Russo, deputati di Forza Italia componenti delle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera dei deputati - Riteniamo adeguata la normativa vigente e per questa ragione ieri non abbiamo votato contro gli emendamenti che proponevano di sopprimere l’articolo 12 del ddl Sicurezza, quello che elimina la sospensione automatica della pena per le detenute con figli da zero ad un anno. In Aula, con spirito costruttivo, proporremo alla maggioranza una nostra mediazione: un emendamento che mantenga la sospensione obbligatoria delle pene per le detenute con figli fino ad un anno di età».

Non solo. «Come annunciato chiaramente nel corso della seduta, siamo invece contrari ad indebolire la normativa vigente ed è per questo che abbiamo contribuito, con i nostri numeri determinanti, a respingere gli emendamenti dell’opposizione che andavano in tal senso, come avevamo già fatto in occasione dell’esame della proposta di legge sulle detenute madri in commissione Giustizia», concludono gli azzurri.

Una posizione che martedì è stata duramente contestata dalla Lega, ma che fuori dalle righe viene spiegata in vena polemica dagli stessi forzisti. «Il ddl sicurezza parte da un’era geologica fa, poi è stato modificato a maggio in vista delle Europee», riferiscono fonti parlamentari. Dalle quali emerge il dito contro Fd’I e Lega che hanno fatto fallire l’accordo di governo inserendo nel testo quelli che vengono definiti «emendamenti spot», alcuni dei quali «perfino incostituzionali».

Dopo le Europee tutto sarebbe dovuto tornare come prima, ma il mantenimento in essere da parte di meloniani e leghisti di quegli emendamenti ha dato il via al patatrac di martedì. Cioè alla volontà, da parte leghista, di prevedere «la facoltà» e non l’obbligo di trasferimento negli Icam per le detenute madri, giudicato «un passo indietro di civiltà» dalle stesse fonti azzurre.

Ma nella polemica interna alla maggioranza si inseriscono anche le opposizioni, con Avs e Iv che attaccano Fi. «Almeno speriamo che si vergognino di questo voltafaccia che qualifica Forza Italia come “il sor tentenna” del Parlamento», accusa il capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra in commissione Affari costituzionali alla Camera Filiberto Zaratti, che accusa Forza Italia di essersi «riallineata alle posizioni di maggioranza, dopo aver espresso dissenso». Stesso concetto espresso dalla renziana Maria Elena Boschi, secondo la quale i forzisti «hanno votato contro proposte da loro sostenute nella scorsa legislatura». Accuse rispedite prontamente al mittente dai forzisti, i quali spiegano che «il voltafaccia non esiste perché oggi  non abbiamo votato una controproposta dell’opposizione che non potevamo condividere visto che introduceva una legge diversa dalla nostra proposta».

Sull’altro fronte, quello della maternità surrogata come reato universale, è arrivato il sì della Commissione Giustizia del Senato, che ha dato mandato alla relatrice di FdI, Susanna Campione, a riferire in Aula. «L’Italia si conferma una nazione all'avanguardia sul fronte dei diritti, contro le nuove forme di sfruttamento delle donne e dell'infanzia», ha commentato la ministra della Famiglia Eugenia Roccella.

Martedì era invece arrivata la bocciatura dell’emendamento della Lega, presentato dal capogruppo Massimiliano Romeo, che prevedeva una ulteriore stretta con il carcere fino a 10 anni e una multa fino a due milioni di euro. L’emendamento aveva avuto da parte del governo l’invito al ritiro, e messo ai voti hanno votato a favore solo i due senatori leghisti, contrari oltre alle opposizioni gli altri senatori di maggioranza.