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Il Pd sceglie Piazza del Popolo, il M5S Piazza Santi Apostoli. Pochi chilometri di distanza a separare un abisso politico tra ex alleati
Nell’ultimo giorno di campagna elettorale la distanza fisica tra Pd e Cinque Stelle è inversamente proporzionale a quella politica. Tutti e due i partiti hanno scelto Roma per l’appello finale agli elettori. Piazza del Popolo per i dem di Enrico Letta e Piazza Santi Apostoli per i grillini di Giuseppe Conte. Recuperata la vicinanza geografica, quella tra le idee tra i due partiti e i due gruppi dirigenti, però, è rimasta siderale.
Del resto le ultime settimane hanno cristallizzato uno scontro totale tra il segretario nazionale del Pd e l'avvocato del popolo che se ne sono dette di tutti i colori ribadendo la chiusura ad ogni forma di dialogo. E seppure, sotto sotto, i due leader sperano in una sorta di desistenza silenziosa fra gli elettori per contenere la destra, la resa dei conti dopo l'acquisizione del risultato delle urne sarà inevitabile.
Pure in Sicilia sono volati gli stracci dopo la rottura dell'alleanza nonostante lo svolgimento delle primarie che avevano indicato Chinnici come candidato comune alla presidenza prima dell'ennesimo strappo di Conte. Anche in questo caso il risultato è stato quello di favorire il candidato della destra Schifani.
Ma le differenze sono state marcate su tantissimi temi, dalla politica internazionale fino all’idea di reddito di cittadinanza, come è emerso chiaramente anche dalle piazze di ieri. Unico spunto comune l’attacco alla destra sotto diversi profili. Enrico Letta è andato giù duro contro Meloni che vuole cambiare la Costituzione da sola: «Abbiamo fatto la scelta di difendere la Costituzione italiana, nata dalla Resistenza e dell'antifascismo, non permetteremo che quella Costituzione, la più bella del mondo, venga stravolta dalla destra». Dal palco dei grillini, orfani di Beppe Grillo, è arrivato, invece, un duro attacco a Berlusconi prima da parte della senatrice Maiorino che lo ha definito «predatorio nei confronti delle donne» dopo la sua apparizione su Tik Tok.
Conte, invece, si gode il ritorno in vita del Movimento. «Ma che succede? Ci avevano dato per morti, ma questa piazza mi sembra sintomo di buona salute, ancora una volta si sono sbagliati». E poi la stoccata a Draghi: «Questa guerra, con quale via di uscita la stiamo affrontando? Vogliamo un negoziato o no? Il governo dei migliori ci ha chiesto: volete la pace o i condizionatori accesi? La pace è uscita dei radar, i condizionatori li abbiamo dovuti spegnere».
Due piazze festanti, insomma, schierate contro la destra, ma prive di comunicazione tra di loro. Al termine dei comizi finali, dunque, si respirava ancora di più una sensazione di rammarico. La stessa che è cresciuta man mano che, durante gli scorsi giorni, si diffondeva la notizia del recupero dei Cinque Stelle, soprattutto al Sud, per non avere saputo costruito un’alleanza in grado di contendere concretamente la vittoria al centrodestra.
Tanto che le ultime scudisciate tra Letta e Conte, coincise con gli ultimi giorni di campagna, hanno provocato molti mal di pancia all'interno del Pd spingendo Andrea Orlando a mettere un freno a chi esclude una ripresa del dialogo anche dopo le elezioni. Stop rilanciato anche dalla vicepresidente dell'Emila Romagna Elly Schlein che insieme ai grillini è al governo regionale. Proprio di quel governo regionale guidato da Stefano Bonaccini che, nelle ultime settimane, non ha perso occasione per smarcarsi dalle posizioni di Letta studiando già da possibile candidato alla segreteria in caso di un eventuale congresso. Ma anche i nomi di Orlando e della stessa vicepresidente dell' Emilia Romagna, astro nascente all'interno dell'universo dem, sono tra i papabili per una successione.
La puzza di bruciato in casa Pd è stata tanto forte che Matteo Renzi, uno che di ribaltoni se ne intende, ha trovato spazio negli ultimi giorni della campagna elettorale per dare la sua spallata a Letta che, a suo parere, avrebbe fatto tutto il possibile per perdere.
Di sicuro Letta si gioca tutto in queste elezioni dopo la scelta di rompere con Conte che, dal canto suo, ha detto fino all’ultimo che il dialogo con questa dirigenza sarà impossibile. Un modo grillino per chiedere la sostituzione del segretario nazionale dem.
Gli ultimi fuochi della campagna elettorale non hanno spostato di un millimetro la situazione lasciando adesso che siano le urne a parlare. Poi sarà il tempo delle analisi e delle decisioni, ma pare evidente che senza una ripresa di un confronto tra Pd e Cinquestelle non esistono, al momento, i margini per la costruzione di una reale alternativa di governo al centrodestra.