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Per un’intera generazione quei tre giorni di botte e sangue, nel luglio di 17 anni fa, furono davvero ' la perdita dell’innocenza'. Nella storia italiana recente il solo evento che possa essere paragonato a Genova 2001 è la strage di piazza Fontana, nel 1969. E in entrambi il caso il trauma fu dovuto non solo agli episodi in sé ( la strage nel dicembre 1969, le manifestazioni, gli scontri, l’uccisione di Carlo Giuliani nel 2001) ma anche e forse ancora di più a quelli che seguirono da presso ( le bugie, i depistaggi, le reticenze dopo piazza Fontana, l’irruzione alla Diaz, i pestaggi di Bolzaneto, la complicità della politica che se la cavò con una sonnacchiosa commissione parlamentare priva di ogni vero potere nel 2001).
Già la violenza degli scontri era stata per gli stessi partecipanti alla manifestazione del 20 luglio, quella in cui morì Carlo Giuliani, uno shock. Era un’epoca in cui gli scontri erano frequenti ma in un certo senso ' finti'. Seguivano una coreografia precisa e concordata in anticipo. I leader violavano le ' zone rosse' di turno fino a un punto deciso insieme alle forze di polizia, che caricavano senza esagerare. Più che battaglie di piazza come ce n’erano state tante una ventina d’anni prima, si trattava di eventi consapevolmente mediatici. Doveva essere così anche a Genova. Invece qualcosa andò storto e ancora oggi non si sa bene cosa. Però c’era stato un precedente, a Napoli, il 17 marzo dello stesso anno, e anche lì le botte erano proseguite inspiegabilmente anche dopo il ritorno della calma in piazza. Segno che a fare la differenza non era la vittoria del centrodestra, dal momento che a marzo 2001 era invece al governo il centrosinistra.
Gli scontri a Genova come a Napoli, furono reali e violentissimi. Carlo Giuliani fu ucciso. Non succedeva da oltre vent’anni. Per la stragrande maggioranza dei manifestanti di Genova era una cosa quasi inconcepibile. Altrettanto imprevedibile, in questo caso anche per chi aveva alle spalle l’esperienza degli anni ‘70, l’estrema aggressività delle Forze dell’ordine il giorno dopo la morte di Giuliani. In casi simili, con una tensione alle stelle, la polizia di Cossiga aveva infatti tenuto per lo più i nervi a posto con l’obiettivo di limitare quanto più possibile i disordini. A Genova successe il contrario: gli agenti sembravano seguire indicazioni strategiche opposte. Gli atteggiamenti erano provocatori e sfottenti, le cariche improvvise, indiscriminate e immotivate, dal momento che non c’era alcun tentativo di forzare la zona rossa che circondava la riunione del G7.
Gli eventi della notte, indicati come una «sospensione della democrazia» confermano in pieno una scelta a tutt’oggi non spiegata. L’irruzione alla Diaz a manifestazioni terminate, con bottiglie molotov depositate dalla polizia stessa per giustificare l’attacco e con il portavoce del capo della polizia presente al momento dell’irruzione, i pestaggi selvaggi di manifestanti che dormivano, i trasferimenti nella caserma di Bolzaneto e le torture documentate confermano una scelta precisa ed estrema che resta avvolta dal mistero e che sulla quale in realtà nessuno, nei numerosi processi contro dirigenti delle forze dell’ordine che si son susseguiti negli anni, ha davvero cercato di fare luce.
In qualche misura una reazione così estrema e sproporzionata, quasi certamente non imputabile a una direttiva del governo ma piuttosto a qualcosa che non funzionò a dovere nei vertici delle forze dell’ordine, mise davvero in ginocchio il movimento no global, costretto a scegliere tra un sostanziale passo indietro e l’accettazione di un livello di scontro politico ma anche e soprattutto fisico per il quale non era attrezzato.
Forse l’esplosione ' sovranista' della destra che si registra oggi in Europa è figlia anche di quegli eventi e della resa di un movimento che fu chiamato ' no global' ma che in realtà non mirava affatto a combattere la globalizzazione brandendo il vessillo del nazionalismo, del ritorno dei dazi e delle sovranità nazionali. L’ 11 settembre fece il resto e certamente il movimento stesso scontava un’incapacità di agire se non come riflesso della controparte, con la puntuale ma alla lunga sterile convocazione di ' controvertici'.
La suggestione dei ragazzi che manifestavano in tutto il mondo in quegli anni, a partire dal vertice di WTO di Seattle il 30 novembre 1999 e poi con i controvertici organizzati ovunque, non era affatto il ritorno alla chiusura degli Stati nazionali, dei confini e delle dogane. Era una gestione diversa e meno ingiusta della globalizzazione. Col senno di poi pare assurdo, ma quei limiti della globalizzazione sfuggivano allora, ovunque, proprio ai partiti della sinistra. Massimo D’Alema, il leader che più di ogni altro in Italia aveva incarnato negli anni ‘ 90 del secolo scorso l’illimitata fiducia nella globalizzazione ha riconosciuto pochi mesi fa l’errore, addebitando proprio a quell’analisi dimostratasi sbagliata l’avvio del declino della sinistra. D’Alema era però in folta compagnia: Schroeder in Germania, Blair nel Regno Unito, Clinton negli Usa condividevano la stessa fede nelle magnifiche e progressive sorti della globalizzazione.
Il movimento che da Seattle era arrivato a Napoli e poi a Genova tentava di trovare una strada alternativa che non implicasse però ritorni indietro. Peccava certamente d’ingenuità, ma forse meno di chi immaginava la globalizzazione come una festa che avrebbe portato benessere ovunque. Le conseguenze della sua sconfitta e quasi della sua scomparsa sono emerse in pieno solo dopo la tempesta provocata dalla Grande Recessione del 2008. La sinistra, con poche eccezioni, non ha saputo rivedere le posizioni assunte nel decennio della grande illusione, gli anni ‘ 90, prima dell’ 11 settembre e poi della Recessione, ed è stata così sempre più vista come parte integrante dell’establishment dai suoi stessi tradizionali insediamenti e conseguentemente punita al momento delle elezioni. La protesta contro le conseguenze di una globalizzazione gestita essenzialmente in nome del profitto è stata impugnata dai movimenti cosiddetti ' populisti' che sempre più spesso hanno assunto per bandiera i temi del ritorno agli Stati sovrani, ai dazi e alle dogane. Genova è stata una pagina nera della democrazia italiana ma per forse anche più scura per le sorti della sinistra in Italia e in Europa.