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Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte
Il dibattito sul Mes rischia di logorare il Paese e le forze di governo. Per questo Giuseppe Conte si presenta in conferenza stampa con oltre cinque ore di ritardo rispetto all’orario stabilito e prova a mettere in chiaro alcuni punti su quanto accaduto la sera prima alla riunione dell’Eurogruppo. «Sin dalla scorsa notte si è levato un dibattito legittimo e vivace, segno di democrazia. Ma è «altrettanto importante che il dibattito si sviluppi con chiarezza e senza falsità», dice il premier, scuro in volto, palesemente infastidito. «Il Mes esiste dal 2012, non esiste da ieri e non è stato attivato l’altro notte come irresponsabilmente hanno dichiarato, e mi spiace devo fare nomi e cognomi, da Matteo Salvini e Giorgia Meloni: non è assolutamente così», prosegue, alzando il tono della voce. «Questo governo non lavora nel favore dell’ombra delle tenebre ma guarda negli occhi tutti gli italiani. È una menzogna». L’Italia, chiarisce ulteriormente il presidente del Consiglio, non solo non ha chiesto di aderire ad alcun fondo salva stati, ma non ha neanche sottoscritto alcun accordo operativo. Solo un punto di partenza da sottoporre ancora al vaglio dei capi di governo. E Conte, assicura, è convinto che il Mes non sia affatto lo strumento di cui necessita il nostro Paese e l’Europa intera, dopo una pandemia paragonabile a una guerra. «La principale battaglia» italiana è l’istituzione di «un fondo finanziato con una condivisione economica dello sforzo. Come gli eurobond». L’avvocato non ha solo bisogno di mettere a tacere le polemiche sollevate dalle opposizioni, ma di ricompattare la sua stessa maggioranza attraversata da parecchie turbolenze all’indomani dell’Eurogruppo. Ieri i partiti di maggioranza si sono infatti divisi su un’altra proposta, avanzata dal Partito democratico, per uscire dall’emergenza economica generata dal virus: una tassa di solidarietà da imporre alle fasce più agiate della popolazione. Chi guadagna più di 80 mila euro l'anno dovrà «versare un contribuito di solidarietà che inciderà sulla parte eccedente tale soglia», è la richiesta avanzata da Graziano Delrio e Fabio Melilli. «La somma versata sarà deducibile e andrà da alcune centinaia di euro fino a decine di migliaia per redditi superiori al milione. Il gettito atteso è 1,3 miliardi annui». È la goccia che fa traboccare il vaso delle tensioni accumulate nelle ultime ore. Contro la tassa anti Covid si scagliano ovviamente le opposizioni, ma spaccano anche le forze di governo. Sulle barricate salgono subito grillini e renziani. «È una loro iniziativa», mette subito le mani avanti il capo politico M5S, Vito Crimi. «Ora non è il momento di chiedere ulteriori sacrifici agli italiani, rimaniamo contrari a qualunque forma di patrimoniale», aggiunge, convinto che per reperire risorse basterebbe ridiscutere le grandi opere «non necessarie» come la Tav. A rincarare la dosi ci pensa il vice ministro dello Sviluppo economico, Stefano Buffagni, che stronca così la discussione: «Venerdì di passione, non esiste nessuna ipotesi. Questo è il momento in cui i soldi li dobbiamo mettere nelle tasche degli italiani», dice . «Se vogliono fare un prelievo, lo facciano dal loro stipendio, come chiesto da Crimi e come fa da sempre il Movimento 5 stelle». E per una volta M5S e Italia via si ritrovano dalla stessa parte del campo. «Ai nostri partner di governo in 24 ore ho sentito no alla riapertura graduale delle imprese, no all'attivazione del sostegno europeo tramite il Mes e si alla patrimoniale. Auguri Italia!», twitta il presidente di Iv, Ettore Rosato. Il Pd è messo in minoranzae Delrio è costretto a intervenire per spiegare i limiti e le ragioni della proposta. «È una gigantesca fake news definire una patrimoniale la nostra proposta di un contributo di solidarietà a carico dei redditi superiori a 80mila per venire incontro a quanti, a causa della crisi prodotta dalla pandemia, non riescono nemmeno a procurarsi i beni di prima necessità», dice il capogruppo dem alla Camera. «Siamo dinanzi alla più grave crisi del Paese dal secondo dopoguerra e per questo serve una misura che va in direzione della giustizia sociale». per questo, «sorprendono certe reazioni anche all’interno della maggioranza ma noi crediamo che questa discussione vada fatta e abbiamo dato il nostro contributo». Ma in serata è lo stesso Giuseppe Conte a bloccare sul nascere ogni confronto in merito: «Non c’è nessuna proposta concreta. Il governo non ha fatto questa proposta e non la vedo all’orizzonte». La solidarietà, per ora, resta un tabù.