Il ragionamento che va per la maggiore tra gli esponenti del Pd nelle ultime ore è che «la Liguria è un conto, l’Emilia-Romagna un altro». Lo ripetono in tanti, dem più o meno vicini alla segretaria Elly Schlein ma accomunati da una certezza: la Regione rossa per eccellenza non può perdere la componente riformista in vista delle prossime Regionali. Perché l’Emilia- Romagna non è la Liguria, appunto, il candidato presidente Michele De Pascale è un riformista convinto e i veti imposti dal M5S su Iv in Liguria dovranno avere vita breve.

Eppure la pensa all’opposto Giuseppe Conte, che ieri non le ha mandate a dire. «Io non sono disponibile ad affiancare il mio simbolo a quello di Renzi che si è sempre distinto per distruggere, per rottamare - ha detto a Cinque minuti Prende i soldi da governi stranieri ed è all’origine della contaminazione tra affari e politica».

E dunque l’ostracismo verso Iv continua anche in Umbria ed Emilia- Romagna, dopo essere riuscito a porre il veto in Liguria, trovandosi contro meno resistenza di quella che si aspettava. Aiutato, come il Don Don Chisciotte del campo largo, dai fidi scudieri Fratoianni e Bonelli, in versione Sancho Panza 2.0.

Ma proprio qui sta l’inghippo, perché l’avallo di Schlein al veto sui renziani in Liguria non è stato condiviso da buona parte degli esponenti dem, che rimproverano alla segretaria una visione piuttosto personalistica nelle ultime scelte fatte, dall’astensione in sede di voto per il rinnovo del cda Rai alla Liguria, appunto. «Noi dobbiamo continuare a lavorare con pazienza per provare ad aggregare e tenere insieme le forze di centrosinistra - spiega compassatamente Piero De Luca - per essere credibili occorre avere una linea programmatica coerente e coesa». Ma tra un intervento e l’altro in Aula, dove si discute di salario minimo, il capogruppo dem in commissione Affari europei attacca. «Dispiace vedere che il M5S sembra più interessato a fare competizione al Pd che alla destra - aggiunge - La posizione assunta dalla segretaria nelle ultime ore è corretta ma ho ritenuto un errore che non deve più ripetersi l’aver accettato veti personali». E anche se «le Regionali risentono sempre di dinamiche locali» tuttavia «spesso si ripercuotono poi sul nazionale» e dunque «occorre lavorare perché una situazione come quella ligure non si ripeta più».

Eppure sia il M5S che Avs sembrano andare dritti per la propria strada, con il leader dei Verdi Angelo Bonelli che attacca ancora Renzi, definito «incompatibile» con il campo largo, preferendo parla di «alleanza». Per Calenda, invece, «dobbiamo ragionare, non ho pregiudizi su di lui», ha aggiunto, «Movimento 5 Stelle, Pd e Avs arrivano al 41%, ma dobbiamo mettere insieme un programma e delle persone credibili». Come credibile è certamente Michele De Pascale, in corsa per il post Bonaccini e che non ha alcuna intenzione di fare a meno di Iv e dei riformisti nelle liste a suo sostegno. E viceversa. «Se Conte vuole fare una battaglia contro Schlein, la faccia pure ma non sulla pelle dell’Emilia Romagna, terra che già formalizzato la coalizione spiega Renzi in una nota rispondendo al leader M5S - Noi ci saremo, con il nostro simbolo e i nostri candidati: non mettiamo veti nei confronti dei grillini anche se hanno fatto l’opposizione a Bonaccini, ma non siamo disponibili a subirne».

Una linea molto simile a quella di Alessandro Alfieri, responsabile Riforme della segreteria Schlein. «Con i veti non si va da nessuna parte perché si creano pericolosi precedenti - incalza - Non possiamo accettare la logica dei veti semplicemente perché altrimenti ognuno si sentirebbe autorizzato a metterne su chiunque». Alfieri non vuole chiamare l’alleanza “campo largo” e spiega la necessità di evitare personalismi. «Il Pd o è plurale o non è - aggiunge - se il pluralismo viene valorizzato il Pd funziona, come alle Europee, ma quando non lo fa andiamo in difficoltà: è sempre stato così».

Chi non vuol sentire più parlare di campo largo è anche lo stesso Conte. Quando il M5S dice «si è aperta una ferita» con Iv «che viene messa in un campo largo, che non esiste più, lo certifichiamo stasera - ha detto l’ex presidente del Consiglio - dal momento in cui la risposta di Schlein è “io non faccio polemiche” allora c’è qualcosa che non va, non c’è la consapevolezza da parte del gruppo dirigente del Pd che c’è un problema serio».