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AUGUSTO BARBERA PRESIDENTE DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Salvo ulteriori complicazioni, dopo l'ennesima votazione senza esito che si è tenuta oggi, per l'elezione di quattro giudici della Corte costituzionale si entra nella fase decisiva dei negoziati tra le forze politiche.
Oggi, infatti, c'è stata ancora una fumata nera da parte del Parlamento in seduta comune, ma si tratta di un risultato ampiamente previsto e in un certo senso necessario, perché il regolamento prevede ora che il quorum necessario per l'elezione sia eguale per tutti i giudici da rimpiazzare.
Per il posto lasciato vacante ormai più di un anno fa dall'ex-presidente Silvana Sciarra si è arrivati ormai al dodicesimo scrutinio, mentre per quelli che a partire dal 21 dicembre saranno lasciati liberi dall'attuale presidente Augusto Barbera e dai suoi vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti si è celebrato il terzo scrutinio. Ciò significa che per entrambi le votazioni dalla prossima volta il quorum sarà allineato sui tre quinti degli aventi diritto. Questo favorirà ovviamente la chiusura di un accordo tra maggioranza e opposizione, visto che le votazioni si svolgeranno contestualmente e sarà così difficile venire meno ad eventuali patti.
Resta ora da vedere quale sarà la finestra temporale che la presidenza di Montecitorio individuerà nei prossimi giorni, ben sapendo che la data dipenderà – oltre che dal fitto calendario determinato dalla sessione di bilancio – dal raggiungimento o meno dell'accordo, visto che risulterebbe poco edificante procedere ad altri scrutini a vuoto, soprattutto dopo il nuovo appello giunto in questo senso da Augusto Barbera, a margine della cerimonia di commiato davanti al collegio, celebrata assieme ai suoi vice. «Nel lavoro della Corte costituzionale», ha sottolineato Barbera, «è essenziale il metodo della collegialità: le diverse sensibilità politiche culturali dei singoli giudici contano ma poi, necessariamente, devono confrontarsi con quelle di tutti gli altri componenti del Collegio. E queste diverse sensibilità non vengono compresse bensì arricchite, grazie al confronto collegiale».
«E proprio guardando a questa imprescindibile dimensione collegiale della Corte», ha aggiunto riferendosi all'impasse parlamentare, «l’auspicio è che il Parlamento, nella scelta dei nuovi giudici, non enfatizzi più di quanto sia necessario le diverse sensibilità politiche e culturali dei candidati. Per il buon funzionamento della Corte è dunque fortemente auspicabile che il prima possibile si arrivi a una ricomposizione del Collegio a quindici componenti».
Parallelamente, il presidente della Camera Lorenzo Fontana, nel corso del consueto scambio di auguri con la stampa parlamentare, ha confermato che l'allineamento dei quorum non consente ulteriori incertezze nell'individuazione dei giudici: «Io credo che abbassandosi il quorum adesso l’accordo sia molto più vicino. Non so se per una questione di tempistica si riuscirà a trovare il tempo per fare un’altra seduta prima del Natale ma credo che a questo punto non ci sono più scuse».
Quanto ai “papabili”, la rosa dei nomi sembra negli ultimi giorni essersi stabilizzata: sul fronte della maggioranza Francesco Saverio Marini, consulente giuridico di Palazzo Chigi, fortemente sponsorizzato dalla premier, sembra un punto fermo, anche perché sul suo nome Giorgia Meloni si era esposta a tal punto da provare l'elezione senza accordo con la maggioranza. Gli altri nomi che circolano (in quota Fi) sono l'avvocato e senatore azzurro Pierantonio Zanettin e il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto.
Sul versante dell'opposizione, il Pd continua a spingere per il giurista Andrea Pertici, vicino alla segretaria Elly Schlein, o sul senatore Andrea Giorgis. Sarebbe in campo anche la candidatura dell'ex-ministra Anna Finocchiaro, per la quale però ci sarebbero problemi riguardanti i titoli per l'eleggibilità, non avendo fatto parte quest'ultima di magistrature superiori. Secondo alcuni, però, esistono dei precedenti di giudici eletti poiché i titolo in loro possesso sono stati ritenuti equivalenti al servizio in magistrature superiori.
Il M5s osserva e, qualora non fosse soddisfatto dal lotto dei nomi proposti, potrebbe spingersi a fare un accordo separato col centrodestra per ottenere un giudice di fiducia per Giuseppe Conte, concedendone tre alla maggioranza. Nel caso il nome pentastellato sarebbe quello di Roberto Chieppa, segretario generale di Palazzo Chigi ai tempi del primo governo Conte. Per il nome “tecnico”, è forte la candidatura del costituzionalista ed ex-ministro Renato Balduzzi e di Roberto Garofoli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Mario Draghi.