PHOTO
«Matteo Piantedosi è amico e un ottimo ministro, è stata una persona leale di fiducia e di parola. Questo è un congresso di partito e i partiti fanno politica ed è mio dovere ascoltare quello che il mio partito, sindaci ed elettori ci chiedono, quindi sapendo che Matteo è e sarà grande uomo di stato, di quello che mi avete chiesto parlerò sia con lui sia con Giorgia Meloni». La prima standing ovation, con tanti di cori di stadio, per Matteo Salvini durante l'intervento conclusivo del congresso che lo ha rieletto alla guida della Lega per acclamazione fino al 2029, arriva sul fatto politico più rilevante di tutta la due giorni fiorentina del Carroccio: il vicepremier vuole tornare a sedere sulla poltrona di ministro dell'Interno, dopo l'assoluzione al processo Open Arms, e per farlo ha messo in campo una strategia meditata, tale da non suscitare una risposta dura da parte della premier, che ha già respinto il primo “assalto” dei leghisti qualche mese fa.
Nella prima giornata, erano stati una decina gli esponenti di spicco del partito che aveva lanciato dal palco una sorta di petizione per far tornare Salvini al Viminale, poi il vicesegretario Andrea Crippa, come spesso accade, ha parlato in modo più esplicito, ipotizzando una candidatura dell'attuale ministro alle Regionali campane, per fare spazio al ritorno del segretario leghista. Una richiesta ben precisa, dunque, a cui Meloni dovrà necessariamente dare una risposta, ma che potrebbe essere anche un tema da portare sul tavolo della trattativa interna al centrodestra sulle prossime candidature, e potrebbe così costituire una moneta di scambio.
«Vogliamo tornare primi in coalizione», ha detto Salvini in un impeto di ottimismo. Ma gli argomenti trattati, nella giornata conclusiva, sono stati tanti, così come numerosi sono stati gli ospiti, nazionali e internazionali, a partire dalla presidente del Consiglio, che ha inviato un messaggio video per ribadire la lealtà all'alleato leghista e la coesione della maggioranza. «Andremo avanti», ha detto Meloni, «pancia a terra, fino alla fine della legislatura, per costruire col premierato un sistema politico stabile e rimettere in capo ai cittadini la scelta su chi debba governare, per liberare con la riforma della giustizia la magistratura dalle correnti politicizzate, per garantire con l'autonomia differenziata gli stessi livelli delle prestazioni a tutti i cittadini, a prescindere dalla regione nella quale vivono. Continueremo a difendere i confini - ha aggiunto – e a combattere l'immigrazione illegale di massa, proseguendo con quel lavoro - paziente, quotidiano ma determinato - che ci ha consentito di ridurre drasticamente gli sbarchi sulle nostre coste».
Un segnale, quello sull'Autonomia, che Salvini attendeva (e verosimilmente era concordato) visto il pressing dell'ala nordista del partito, decisamente inquieta per lo stallo in cui si trova la legge Calderoli dopo lo stop della Consulta. «Ringrazio non l'alleata, ma l'amica Giorgia Meloni», ha replicato Salvini, «per il messaggio che ha mandato a questo congresso, Autonomia e premierato vanno avanti insieme, mano nella mano». E proprio per porsi, nel suo nuovo mandato, come segretario il più unitario possibile, capace di compendiare l'originaria vocazione federalista del movimento con l'attuale indirizzo sovranista, Salvini non ha mancato di fare appello alla mozione degli affetti, citando più volte Umberto Bossi, portando il suo saluto alla platea e facendo proiettare sullo schermo in sala una serie di manifesti della Lega delle origini: «Una storia di eccezionale lucidità perseveranza e coerenza», ha affermato Salvini, definendo «un genio» il senatur.
Non è mancato, in una sorta di revival della Seconda Repubblica, un sentito omaggio a Silvio Berlusconi, una cui foto assieme a George W. Bush e Vladimir Putin è stata lungamente applaudita dai presenti. Per il segretario del Carroccio il Cavaliere era «un uomo di pace, che costruiva ponti e chi sceglie la Lega sceglie la pace». Un altro dei momenti che ha scaldato maggiormente la platea è stato quando Salvini ha consegnato la tessera del partito al generale Roberto Vannacci, su cui negli ultimi tempi si erano concentrati numerosi retroscena che lo volevano in predicato di costituire una propria forza politica. Muovendo dalla scelta di Vannacci, il segretario ha chiesto maggiore apertura per gli “esterni” che vogliano impegnarsi per dare una mano alla Lega.
È stata anche la giornata dei grandi ospiti internazionali, primo fra tutti la leader di Rassemblement National Marine Le Pen, recentemente condannata all'ineleggibilità e spuntata in diretta a sorpresa, prima del messaggio del “delfino” Bardella: «La violenza di questa condanna - ha detto Le Pen – è basata su una violazione per il fatto che noi contestavamo le istituzioni europee. Quindi si tratta di un esercizio della nostra sovranità e del diritto all'autodeterminazione. Ma la nostra lotta sarà come la tua, pacifica e democratica e l'esempio viene da Martin Luther King. Sono i diritti civili e civici a essere messi in discussione». Dopo Le Pen sono intervenuti, prevalentemente con messaggi video, tra gli altri il presidente ungherese Viktor Orban, il leader di Vox, Santiago Abascal e l'olandese Geert Wilders. Il tema scottante dei dazi imposti dagli Usa è stato affrontato in modo approfondito, dal punto di vista strettamente economico dal numero uno di Confindustria Emanuele Orsini, che ha fatto eco alla premier chiedendo di non cedere al panico e di trattare con gli Usa sia come nazione che come Europa unita. Il congresso leghista, infine, ha approvato le ben 17 mozioni presentate, tra le quali spicca quella a firma Giulia Bongiorno e Jacopo Morrone che insiste sulla necessità di sostenere con tutte le forze la riforma della giustizia presentata dal ministro Nordio. «Abbiamo presentato una mozione sulla riforma costituzionale della giustizia», ha detto Bongiorno dal palco, «perché forse non tutti ne hanno compreso l'importanza».